Bruxelles – Motto: “Un’Europa forte in un mondo di sfide”. Obiettivo: allineamento al lavoro della Commissione e promozione di un’Europa migliore. La presidenza croata di turno del Consiglio UE ha un’agenda che ricalca molto quella dell’esecutivo comunitario e della sua presidente Ursula von der Leyen. Il governo di Zagabria, alla sua prima presidenza della storia, costruisce il proprio semestre di lavoro attorno a quattro assi: un’Europa che sviluppa, un’Europa che unisce, un’Europa che unisce, un’Europa che protegge e un’Europa che sia influente.
Le quattro priorità tematiche sono perfettamente calzanti con l’agenda che von der Leyen ha disegnato per i prossimi cinque anni. I primi sei mesi del 2020 si collocano in quel solco già tracciato, e dunque non si corre il rischio di avere scontri né strappi. A partire dall’1 gennaio e fino al 30 giugno Consiglio e Commissione si muoveranno di pari passo sotto presidenza croata.
Ma la difficoltà starà nei fatti. Perché la Croazia dovrà coordinare i lavori sul quadro pluriennale dell’UE (MFF 2021-2027), che vede i 27 più divisi che mai. A proposito di 27: è sotto presidenza croata che, calendari e promesse alla mano, si dovrà concretizzare la Brexit e avviare il processo negoziale per le relazioni future. Andrej Plenkovic, primo ministro croato, sa che “la nostra presidenza giunge in un momento cruciale, per l’Europa e per il mondo” tutto.
I nodi da sciogliere non sono pochi e neppure di lieve entità. Ai già citati motivi di scontri si aggiungono immigrazione e allargamenti, dossier bloccati che Zagabria dovrà cercare di far ripartire. Sull’allargamento il governo si dichiara favorevole, il che implica sforzarsi di tenere le porte aperte ad Albania e Macedonia del Nord, la cui adesione all’UE è stata messa in discussione dalla Francia. Quest’ultimo un cliente scomodo, con cui la presidenza croata dovrà fare i conti.
A proposito di conti: l’Europa che unisce implica le grandi reti. Vuol dire potenziare trasporti e telecomunicazioni, internet e servizi digitali. Serviranno soldi per tutte queste infrastrutture. Soldi che gli Stati non voglino mettere. Un problema anche tipico dell’Europa che sviluppa, area che presuppone sforzi per la transizione verso un modello produttivo pulito. Nel progetto croato c’è, come in quello della Commissione. Mancano i soldi per finanziare queste politiche.