Vuoi vedere il video di How Can We Govern Europe? Grazie a Radio Radicale ecco qui la prima giornata e la seconda giornata.
Roma – “L’Europa con questo bilancio non la fai”. Intervenendo alla sesta edizione di How Can We Govern Europe, l’evento annuale di Eunews sull’Europa, il ministro per gli Affari regionali e le autonomie, accende immediatamente il dibattito sul nuovo bilancio pluriennale dell’UE (MFF 2021-2027), che presenta criticità a livello di confronto politico come di scelte politiche.
“Le risorse sono insufficienti” a realizzare l’agenda ambiziosa che la Commissione europea ha messo sul tavolo. Politicamente, la presidenza finlandese del Consiglio UE “ha fatto il Consiglio, non mi attendevo nulla di diverso”. Però, riconosce, “mi attendevo più coraggio”. Perché, sottolinea in estrema sintesi, “non c’è politica senza bilancio”. E i conti rischiano seriamente di non tornare. Con tutto quello che ne consegue.
La presidenza finlandese del Consiglio UE ha tagliato di quasi 150 miliardi di euro la proposta originale della Commissione, chiedendo di mettere sul piatto 1.080 miliardi di euro anziché 1.246 miliardi di euro, con tagli in tutte le voci di spesa. Non si riuscirà a vincere le sfide che l’UE ha davanti. L’Italia dovrà puntare i piedi. Ma dovrà farlo anche a casa propria.
Se da una parte c’è un’Europa che intende investire meno per il funzionamento dell’UE, dall’altra parte c’è un Italia che nelle proprie regioni ha smesso di investire da tempo. “Nel 1989 cadeva il muro di Berlino, e l’ex DDR aveva un ritardo rispetto alla Calabria a due cifre. Oggi l’ex DDR non è più la DDR, mentre la Calabria è ancora la Calabria”. Qualcuno ha investito nella aree più svantaggiate del proprio Paese, qualcun altro no. “A un certo punto l’Italia si è fermata”. Basti pensare che per quanto riguarda la spesa pubblica al Sud, “l’obiettivo del 34% non è mai stato neanche sfiorato negli ultimi 20 anni”. Il 34% “è uno splendido miraggio, e tale resta”.
Frutto di scelte, ma anche di logiche conseguenze di andamenti e dinamiche. “In questi 20 anni le risorse pubbliche sono andate dove c’erano persone e dove c’era business”. Non si sono fermati i flussi migratori degli italiani dal sud al nord, non si è creato lavoro. I giovani sono partiti, e tornano solo per la vacanze. Costava meno puntare dove c’era un circuito che creare di nuovi. E poi, l’incapacità di spendere le risorse comunitarie. E’ anche per questo se ‘la Calabria è ancora la Calabria’, per dirla alla Boccia. “Se poi a uso frammentario delle risorse si fa un uso sostitutivo ai contributi nazionali, ecco fatto”.
C’è un’Italia che investe poco, pochissimo. C’è anche un’Italia troppo ingessata, che attende riforme. Racconta un aneddoto che racconta un Paese, il ministro per gli Affari regionale e le autonomie. Rivela di aver incontrato pochi giorni fa il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci. Nel corso dell’incontro “non mi ha chiesto un euro” per la sua Regione. “Mi ha chiesto di sbloccare delle procedure che fanno restare ferme risorse pubbliche”. Se c’è un’Europa che rischia di non fare l’UE per poche risorse, c’è un’Italia che non sa fare l’Italia per l’impossibilità di accedervi, e a casa propria. In Italia come in Europa serve un cambio di passo: ecco cosa hanno in comune Roma e Bruxelles.