La sintesi migliore probabilmente l’ha fatta il presidente del Parlamento europeo David Sassoli: “L’altro giorno ho chiesto una rassegna stampa sul dibattito circa il MES in Europa. Non ricevuto nessun articolo”, a parte quelli italiani, ovviamente.
La questione delle polemiche sul “Fondo salvastati” è tutta e solo italiana, ma questo non vuol dire che fuori dai nostri confini non si ascolti, e non ci si preoccupi. Sempre Sassoli aiuta a capire: “Bloccare riforma è una scelta ad alto rischio per la credibilità dell’Italia”, qualcosa che “indebolirebbe l’Italia”.
Questo è il nodo vero. All’orizzonte, in teoria, non c’è alcuna necessità di un piano di salvataggio per l’Italia, non ne parlano a Bruxelles, non ne parlano a Roma, non se ne parla in nessun luogo. La situazione è quella che è, il debito pubblico è a livelli stellari, il deficit non rispetta le richieste, ma non è che se ci sono alcune, serie, malattie questo vuol dire che l’Italia sia prossima al fallimento. Così si ragiona. A meno che non si passi alla speculazione finanziaria, che allora sì può creare qualche problema, come lo sta creando da quando questo incredibile dibattito è iniziato, perché da allora lo spread, che era lì bello calmo, ha ricominciato a crescere, perché qualcuno ha avuto agio ad alimentare una domanda che suona più o meno così: “Cosa sanno Matteo Salvini, al governo fino a due mesi fa, e Luigi Di Maio, al governo due mesi fa e oggi, che li allarma così tanto per una riforma che non agita nessun altro?”.
Probabilmente Salvini è Di Maio non sanno nulla, perché sembra proprio che non ci sia nulla da sapere, ma il loro atteggiamento aiuta che sull’Italia ha interesse economico a speculare. Questo sta facendo male al Paese, non l’eventualità teorica che in un eventuale futuro salvataggio del Paese l’Italia si costretta a ristrutturare il debito.
Eventualità teorica per due motivi molto validi: il primo è appunto che il rischio non è alle viste, il secondo, spiegano gli analisti più accorti, è che la questione delle regole per il salvataggio riguarda poco l’Italia in quanto (dato che la ristrutturazione del debito non è obbligatoria secondo la riforma del trattato) il nostro Paese è così grande, ricco e importante che le eventuali condizioni di un ipotetico salvataggio le potrebbe in buona parte dettare Roma. Perché è nell’interesse di tutti i partner che l’Italia non fallisca e se, per ipotesi, una situazione del genere dovesse crearsi, l’Italia resterebbe comunque il terzo paese dell’euro, la seconda manifattura europea, avrebbe sempre sessanta milioni di abitanti, quasi un ottavo di tutta l’Unione.
In realtà in Europa c’è un’altra osservazione su questo dibattito, ed è che proprio il dibattito in sé potrebbe creare le condizioni per avviare l’Italia verso una grave crisi finanziaria. Uno degli esiti possibili, secondo gli osservatori stranieri, è che questo dibattito, vista la posizione del capo politico del Movimento 5 Stelle, potrebbe portare ad esiti indesiderati, come la caduta del governo. Ecco, se in queste settimane, con una manovra economica ancora aperta, dovesse venire a mancare un esecutivo e si andasse al voto nel giro di un paio di mesi, mancherebbe un esecutivo in carica in un momento decisivo (pensiamo al blocco dell’aumento dell’IVA) si andrebbe all’esercizio provvisorio e poi a un voto che, per quanto la Lega sia sugli scudi, al momento non garantisce una maggioranza. Che sarebbe poi, probabilmente, una maggioranza che preoccupa ancor più i partner europei, anche dal punto finanziario.
Tornando a Sassoli questa situazione in Italia mina profondamente la credibilità del Paese. Ma come, ci si domanda, pochi mesi fa, dopo che ci fu anche un dibattito parlamentare con tanto di risoluzioni, dopo che il governo a Bruxelles ha firmato la proposta di riforma, improvvisamente a Roma pensano di fare un passo indietro, di abbandonare il gruppo? Questa cosa non aiuta ed al momento è però l’unico frutto certo della polemica in corso: un danno evidente all’Italia. Che potrebbe diventare peggiore.
Questo scritto è apparso originariamente su L’Altra Voce dell’Italia il 3 dicembre 2019.