Roma – Puntare su un rinvio. Il MES diventa un caso di maggioranza sempre più intricato e che ora potrebbe andare oltre lo scontro durissimo in atto tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e Matteo Salvini. A tenere aperta la polemica il Movimento 5 Stelle e il suo capo politico Luigi Di Maio, che chiede un supplemento di analisi “per superare le perplessità senza creare difficoltà al governo”, indicando in un vertice di maggioranza la sede per trovare la via d’uscita. Anche secondo il ministro Roberto Speranza di Liberi e Uguali “ha senso un rinvio e una discussione approfondita coinvolgendo il Parlamento”, così da prevedere che questa sarà la carta da mettere sul piatto della riunione di maggioranza con la richiesta da avanzare al premier Conte.
Il capo del governo riferirà in parlamento lunedì e risponderà ai gravi attacchi della Lega e di Fratelli d’Italia che l’hanno accusato di aver tradito il mandato delle Camere. Salvini ha chiesto anche l’intervento del presidente Mattarella, ma dal Colle finora si è registrato un gelido silenzio.
La polemica s’innesta sulla risoluzione votata a giugno, in cui si chiedeva di non procedere alla firma senza un ulteriore esame nelle aule di Camera e Senato. Un passaggio che a questo punto dovrebbe avvenire prima dell’Eurogruppo del 4 dicembre e poi del Consiglio europeo convocato per la settimana successiva (il 12). Se dovessero restare le critiche di una parte consistente del M5S, il mandato non sarebbe favorevole e metterebbe il governo nelle condizioni di sfilarsi dalla riforma del cosiddetto “fondo salva Stati”. L’ipotesi del rinvio infatti a Bruxelles per ora non avrebbe riscontro e soprattutto, l’Italia non troverebbe alleati sulla stessa linea. Non certo dalla Spagna, dal Portogallo, e neppure dalla Grecia che hanno sperimentato le procedure della vecchia versione del MES, meno favorevoli rispetto all’attuale bozza. Tuttavia alcuni margini sarebbero ancora aperti e l’Italia potrebbe sfruttare questa piccola finestra per avanzare leggere modifiche.
I tempi per la ratifica invece sarebbero meno stretti perché dopo il via libera dei capi di Stato e di governo, saranno necessari alcuni mesi per la traduzione accurata e fedele in tutte le lingue dei Paesi aderenti all’Eurozona. Un’operazione apparentemente semplice ma che prenderà almeno altri due mesi di tempo, comprendendo oltre al trattato tutti gli allegati che, come ha fatto capire qualche giorno fa il ministro Roberto Gualtieri in audizione, rappresentano l’ultima frontiera della trattativa e dove il governo può giocare ancora qualche carta per renderlo ancora più favorevole all’Italia.