Bruxelles – Entra la parola ‘cultura’ nel titolo del portafoglio all’Innovazione e gioventù della commissaria Mariya Gabriel, che sarà ribattezzato Innovazione, Ricerca, Cultura, Istruzione e Gioventù. Dopo settimane di indecisione, ad annunciarlo questa mattina è stata la presidente eletta della Commissione europea Ursula von der Leyen nel discorso pronunciato dinanzi alla plenaria del Parlamento a Strasburgo, dove tra poco si decideranno le sorti del nuovo Esecutivo europeo.
Von der Leyen ha motivato la decisione ricordando agli eurodeputati che “cultura e istruzione sono ciò che collega la nostra storia al nostro futuro. Questo è ciò che ci rende unici. La nostra anima, la nostra cultura, la nostra diversità, la nostra eredità”. Un passo indietro della presidente eletta che arriva dopo settimane di pressioni da parte di diversi stati membri, tra cui l’Italia, per reintrodurre il termine e rimettere al centro delle politiche europee anche la cultura.
Proprio dall’Italia esulta il ministro per i beni e le attività culturali con delega al turismo, Dario Franceschini, secondo cui “è passata la linea italiana”. “La decisione della Presidente Ursula von der Leyen, che ringrazio per sensibilità e intelligenza politica – spiega il ministro – restituisce dignità alla cultura, riparando così all’errore commesso nel non aver previsto una delega specifica per un settore fondamentale per l’Unione Europea. Il nostro continente è il principale produttore e consumatore di contenuti culturali e creativi, parte determinante della nostra economia e pilastro fondante della nostra identità culturale”. Il titolare del Mibac era intervenuto la scorsa settimana al Consiglio europeo della Cultura proponendo di reinserire la parola ‘cultura’ nel portafoglio della commissaria Gabriel e ricevendo il sostegno di altri undici paesi (Germania, Spagna, Francia, Polonia, Slovenia, Grecia, Portogallo, Slovacchia, Estonia, Ungheria e Cipro).
Per Franceschini ora è il momento “anche in Europa di passare da politiche difensive a politiche coraggiose per esportare i nostri contenuti e creare piattaforme europee. Nel contesto globale la dimensione europea è quella minima per avere forza contrattuale davanti alle grandi multinazionali e ai giganti della rete”.