Bruxelles – Fratture interne, divisioni, rancori. Il Parlamento europeo è un’istituzione da dover ricostruire. Ma l’Unione europea tutta, nel pieno di una incapacità decisionale senza precedenti, ha bisogno più che mai di ristrutturazioni per poter mantenersi in piena forma di fronte allo scorrere degli eventi. Parla poco, David Sassoli. Ma in pochi minuti il presidente del Parlamento europeo offre una sintesi tanto chiara quanto inappellabile. L’Europa scricchiola sempre di più.
La riflessione, breve ma puntuale, Sassoli la offre in occasione della conferenza stampa tenuta al termine della conferenza dei presidenti che tra le varie cose ha deciso di tenere il voto di fiducia alla Commissione von der Leyen il 27 novembre. Parte proprio dall’assenza di maggioranza chiara e stabile nel nuovo Parlamento. Non una cosa da poco. Perché, ricorda, servono maggioranze per far progredire i file legislativi. “In un Parlamento servono sempre convergenze”, dice. Ma in questo Parlamento europeo “non ci sono gruppi politici troppo più forti di altri, e le convergenze si rendono necessarie”.
Il problema è che il clima nell’istituzione è pesante, e il lavorio compromesso. Colpa del modo in cui è cominciata la legislatura. “Abbiamo iniziato con una certa animosità. La questione dello spitzenkandidat è ancora viva”. Il processo di indicazione dei candidati alla testa della Commissione da parte dei partiti politici è stato affossato, con tutto ciò che ne consegue in termini di ripercussioni politiche e legittimazione democratica. Una decisione dei partiti europei che ha aperto falle nel sistema comunitario non solo in Consiglio, ma pure in Parlamento. Ma sulla legittimazione democratica, sottolinea Sassoli, “la riflessione è ancora in corso, e la sfida di questa legislatura è capire come riscrivere le regole della democrazia”.
In ballo c’è molto più del processo di indicazione dei candidati presidenti. “Non c’è solo lo spitzenkandidat, c’è anche la questione del diritto di veto e del potere di iniziativa legislativa del Parlamento”. La questione del diritto di veto conduce, per il presidente del Parlamento europeo, al tema dell’allargamento. “Qui abbiamo avuto una Commissione europea schierata in un modo, un Parlamento schierato in un modo, e un processo fermato per tre Paesi”. Critiche al ‘non’ francese, a cui si sono accodate Danimarca e Paesi Bassi. Per ragioni diverse, tutto è stato rimesso in discussione.
“Abbiamo bisogno di una democrazia che decida, non che si fermi o si blocchi, perché quello è facile”. Quanto accaduto con il rifiuto di avviare negoziati d’adesione con Albania e Macedonia del Nord “è un esempio di democrazia che dobbiamo riformare”, dice Sassoli, che avverte: “La democrazia è utile se produce bene per i cittadini. Perché il vento dei nazionalismi non prevalga dobbiamo far capire ai cittadini che la democrazia è un bene e un valore per loro”. La vera sfida del nuovo quinquennio europeo è questo.