Bruxelles – Il motivo per cui il Movimento 5 Stelle non trova un casa politica in Europa è chiaro e tondo, si chiama Casaleggio Associati. I Verdi europei ne sono convinti, e a dar voce a questa posizione è stata ieri l’eurodeputata tedesca Alexandra Geese che ne ha parlato durante un incontro al Parlamento europeo sui rischi etici e legali della manipolazione on line dei dati.
Da settimane il gruppo dei Verdi europeo ha aperto un dialogo con la delegazione dei deputati 5 Stelle, ora senza una “casa” europea, per valutare una possibile loro adesione al gruppo. L’ostacolo maggiore, come è stato spiegato più volte dal co-presidente dei Greens Philippe Lamberts è per molti componenti proprio la democrazia interna dei pentastellati, anche se è stata valutata positivamente la separazione dalla lega.
Geese ha espresso paure e perplessità in merito alle dinamiche decisionali della piattaforma Rousseau, lo scheletro mediatico con cui il M5S ritiene di promuovere l’orizzontalità di una democrazia diretta attraverso un sistema accusato però durante l’incontro a Bruxelles di essere “verticale e strutturato”. In occasione di un dibatto centrato sulla legittimità con cui i partiti (in particolare M5S e Brexit Party) raccolgono e utilizzano i dati personali per attrarre il consenso popolare, i Verdi ospitano l’ex collaboratore della Casaleggio Associati, la società che gestisce la Piattaforma Rousseau, Marco Canestrari, e il giornalista Jacopo Iacoboni, entrambi esperti conoscitori dei meccanismi decisionali dei pentastellati.
“Due sono i problemi principali della Casaleggio Associati e della piattaforma Rousseau: la profilazione degli elettori, cioè l’elaborazione dei dati inerenti agli utenti del servizio e il controllo elettronico del voto, e di conseguenza del consenso”, così Canestrari comincia il dibattito, e successivamente aggiunge: “Dal 2005, un’enorme quantità di dati, che furono utilizzati in maniera analoga anche dalla Cambridge Ananlytica, vennero raccolti attraverso il blog di Beppe Grillo e così il partito iniziò a controllare le dinamiche interne”. La gestione del consenso è dunque affidata interamente alla piattaforma Russeau, sostiene Canestrari, ciò permette al patito di non curarsi dell’organizzazione interna e della raccolta di fondi privati, pratica oramai non più essenziale dal momento in cui ogni socio versa un contributo di 300 euro mensili alla Casaleggio; come riporta l’articolo 8 dello statuto dell’associazione. Canestrari, dopo aver definito l’architettura della campagna politica inglese “Vote Leave” a favore della Brexit come la “copia carbone” della struttura Casaleggio, lancia infine un campanello d’allarme: “Davide Casaleggio, ereditando il progetto del padre Gianroberto, non può essere sostituito. E’ il capo di fatto di un partito e non può essere sottoposto a nessun controllo democratico”.
Gianroberto Casaleggio, fondatore e vero stratega dietro l’omonima compagnia, già sperimentava a metà degli anni ’90 le tecniche di “manipolazione del consenso”, spiega Iacoboni, che ha ricordato di aver anni fa collaborato anche lui con Gianroberto Casaleggio. “In questi anni Casaleggio già testava le dinamiche di funzionamento dei social network prima che Facebook venisse alla luce. Già si producevano i meccanismi per ottenere il consenso tramite un approccio, apparentemente, bottom-up, dal basso, che in realtà veniva orchestrato dalle poche persone a capo della struttura, quindi dall’alto verso il basso”, argomenta il giornalista italiano.