Bruxelles – Boris Johnson continua a ignorare le richieste di Ursula von der Leyen di nominare il membro britannico della Commissione europea, e la questione sta diventando grave poiché il nuovo esecutivo potrebbe non avere la base legale per presentarsi in Parlamento a chiedere la fiducia se gli manca un membro.
Questa mattina la presidente eletta della Commissione a nuovamente scritto al premier britannico, dopo che questi aveva ignorato una lettera inviata ieri, nella quale ha ricordato “l’obbligo legale di nominare” un candidato commissario e, ha spiegato la sua portavoce Dana Spinant, “vuole una risposta al più presto, non oltre questa settimana. Prima è meglio è, per presentarsi davanti al Parlamento. La lettera è stata spedita, aspettiamo la risposta prima di decidere i prossimi passi”.
Attualmente si attende un parere legale dal Consiglio europeo per capire se von der Leyen può presentarsi in Parlamento con un commissario in meno, e la questione non sembra si stia sciogliendo in maniera positiva. “Noi lavoriamo alla formazione di un nuovo collegio, che deve essere investito secondo le procedure del Trattato UE, che sono note – afferma Spinant -, e l’articolo 17 prevede l’indicazione di un candidato da parte di ogni Stato membro. Ora manca quella del Regno Unito, che attualmente è ancora membro dell’Unione, e per questo gli ricordiamo che siamo sempre in attesa di un nome”.
Se il nome arrivasse non è però ancora chiaro che portafoglio potrebbe essergli affidato. “Il portafoglio si decide dopo aver conosciuto le competenze del candidato – spiega la portavoce -Dunque per il Regno Unito non è il momento di discutere di portafoglio”.
Von der Leyen lavora “per iniziare il mandato il primo dicembre – conferma Spinant -, e il processo avanza in Parlamento. Ripeto che con l’attuale situazione legale UK deve proporre un nome, e fino a che non avremo una risposta non speculiamo su scenari alternativi. La presidente eletta sta lavorando strettamente con tutti i servizi della Commissione coinvolti”.
La nomina era stata bloccata perché il premier Boris Johnson pensava di poter lasciare l’Unione il 31 ottobre, in concomitanza con l’entrata in carica della nuova Commissione europea. La dead line però ora è stata spostata al 31 gennaio, e in base ai Trattati europei ogni paese membro ha il diritto e il dovere di indicare il suo commissario e Londra si è impegnata a non intralciare il lavoro delle istituzioni europee.
Johnson però, per rafforzare la sua immagine di brexiter “duro” sta cercando, in piena campagna elettorale, di evitare la nomina, rendendo complessa legalmente l’entrata in funzione del nuovo esecutivo.
Ecco cosa afferma il paragrafo 4 dell’articolo 17 del Trattato UE:
“La Commissione nominata tra la data di entrata in vigore del trattato di Lisbona e il 31 ottobre 2014 è composta da un cittadino di ciascuno Stato membro, compreso il presidente e l’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che è uno dei vicepresidenti”.
Se Londra dovesse ostinarsi nel non indicare un suo candidato una via d’uscita, complessa, potrebbe essere il paragrafo 5 dell’articolo 17, che però prevede l’unanimità, dunque anche il voto favorevole dei britannici:
“A decorrere dal 1o novembre 2014, la Commissione è composta da un numero di membri, compreso il presidente e l’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, corrispondente ai due terzi del numero degli Stati membri, a meno che il Consiglio europeo, deliberando all’unanimità, non decida di modificare tale numero”.