Bruxelles – A Bruxelles continua l’impegno di alcuni deputati per tentare di imporre in tutta UE l’etichettatura semplificata a colori “Nutri-score” sui prodotti alimentari, già promossa dalla Francia e raccomandata ormai anche in Belgio e Spagna. C’è tempo fino al 8 maggio 2020 per raccogliere un milione di firme in un minimo di un quarto dei paesi comunitari per chiedere all’esecutivo europeo di armonizzare la legislazione in materia e rendere l’etichettatura obbligatoria su tutto il territorio UE, attraverso un sistema per quanto possibile non discriminatorio nei confronti delle caratteristiche specifiche dei prodotti.
La battaglia vede in prima linea anche diversi esponenti dei Verdi e dei Socialdemocratici europei, che hanno organizzato oggi un conferenza all’Eurocamera, promossa su iniziativa della francese Michèle Rivasi (Verdi) che mirava proprio a questo: rinnovare l’invito a rendere obbligatoria l’etichettatura Nutri-score e sensibilizzare su un tema “che potrebbe cambiare le abitudini alimentari delle persone”, ricordando che lo scopo centrale della petizione è quello di aiutare i consumatori a “scegliere meglio e con maggiore attenzione i prodotti” che si comprano, per ridurre anche gli effetti negativi sulla salute dei cittadini europei. Diffusione di sovrappeso e obesità (un terzo dei bambini e metà degli adulti in UE risulta in sovrappeso o obeso) è tra i fattori che più motivano l’impegno: “L’Obesità, dicono le stime, pesa sul bilancio dell’Unione europea per 6 miliardi di euro all’anno, tra spese mediche e scarsa produttività” mette in allarme l’eurodeputata dei Socialdemocratici Biljana Borzan.
L’etichetta, spiegano i promotori dell’iniziativa, è semplificata perché informa a colpo d’occhio i consumatori riguardo alla qualità nutrizionale dei prodotti alimentari, sulla base di una scala di 5 colori (dal verde all’arancione) che vengono associati ad altrettante lettere dalla A alla E per ‘facilitare la comprensione’ dei valori nutrizionali dei prodotti e renderli più comprensibili a chiunque sia il consumatore.
Contraria da sempre all’iniziativa l’Italia in cui, ad oggi, si stima che solo l’1 per cento della popolazione abbia firmato la petizione: con 505 firme su 54.754, il Paese è al momento tra gli stati membri con le più basse percentuali di firme raccolte. La scelta di dire di no all’iniziativa è radicata nella convinzione che una etichettatura del genere potrebbe svantaggiare molto del Made in Italy venduto all’estero, anche a denominazione di origine, come il Grana Padano, il Parmigiano Reggiano e anche il Prosciutto di Parma. Una restrizione, basata sulla percentuale di grassi, zuccheri e sale contenuta all’interno dei prodotti, che arriva anche a colpire uno dei simboli della dieta mediterranea: l’olio extravergine d’oliva.
I valori che vengono indicati nell’etichettatura, hanno precisato i promotori della conferenza, riguardano esclusivamente l’ambito propriamente nutrizionale dei prodotti e non tengono conto di altri fattori, come l’impatto ambientale connesso alla produzione che invece è stato richiamato nell’ambito della conferenza ONU di New York sul clima. Se tutte le firme saranno raccolte, la parola spetterà alla Commissione europea che dovrà pronunciarsi sul tema: “Non penso – afferma Philippe Lamberts, co-presidente dei deputati verdi – che la nuova commissione di Ursula von der Leyen potrebbe rifiutarsi, dopo aver visto tutte le firme raccolte”.