Bruxelles – Un giovane studente di Scienze Politiche sull’aliscafo partito dall’isola di Ventotene e diretto a Formia riconosce un’importante personalità di questi ultimi decenni e decide di farsi avanti chiedendo un’intervista. La personalità, reduce da due anni d’insegnamento universitario negli Stati Uniti, si rivela cordiale e disponibile. Per il giovane ricercatore l’occasione è propizia anche se il tempo gioca contro di lui dal momento che ha circa sessanta minuti per capire meglio cosa è successo negli ultimi trent’anni di storia mondiale dalla caduta del Muro ad oggi…
Inizia così l’accattivante pamphlet di Cristiano Zagari “30 anni in sessanta minuti, 1989-2019” (Lithos editore, 10 euro) in uscita il 5 novembre prossimo nel quale, pensando all’anniversario della caduta del Muro di Berlino, in un’intervista immaginaria, si ragiona su come la seconda metà del ventesimo secolo ha consentito a noi europei di assumere una postura ben bilanciata, con i piedi ben saldi sulle radici e lo sguardo aperto sul mondo. Non saremmo, tuttavia, stati in grado di mantenere tale postura eretta senza addominali ben allenati: non sarebbe stato possibile senza la classe media. Accade però che in coincidenza della caduta del Muro sia diventato complicato mantenere l’equilibrio: i piedi iniziano ad affondare nel suolo, lo sguardo sul mondo si appanna, gli addominali perdono tono muscolare e soprattutto la Storia, che si credeva ormai amica, comincia a colpirci sotto la cintura. Gli eventi di questi ultimi trent’anni dimostrano che per noi si è aperta una nuova fase, rispetto alla quale non abbiamo ancora le risposte. Questi sessanta minuti di lettura si propongono di suggerire qualche domanda da cui ripartire.
“L’Europa – dice la personalità – può rinnegare le politiche che non hanno funzionato ma non può certo disfarsi di tutte quelle ‘storie di ordinario successo’ o buone pratiche europee portate a regime negli anni e che oggi percepiamo come conquiste scontate (a torto)”. A cosa si riferisce in particolare? domanda il giovane, “mi riferisco – è la risposta – da una parte a quel comun vissuto istituzionale che ha fatto crescere le pubbliche amministrazioni europee, prodotto legislazione, alti standard regolatori e dall’altra a tutte quelle politiche riuscite ma a torto poco reclamizzate”.