Bruxelles – La disinformazione online è una minaccia endemica delle moderne tecnologie e per combatterla, oggi, è sempre più indispensabile lo sforzo congiunto di piattaforme e istituzioni. Programmi e siti, da soli, non ce la fanno. Lo confermano le prime relazioni annuali di autovalutazione presentate da Facebook, Google, Microsoft, Mozilla, Twitter e sette associazioni europee del settore, relativamente al codice di buone pratiche sulla disinformazione, pubblicate dalla Commissione europea.
In queste relazioni i siti e le aziende firmatari del codice descrivono i progressi compiuti nell’ultimo anno in merito alla lotta contro la disinformazione online: ogni autovalutazione si basa sul codice di buone pratiche, strumento di autoregolamentazione avviato a ottobre 2018 e divenuto pilastro del piano d’azione per contrastare l’epidemia da fake news. Quel che emerge da questi studi è che, a dispetto dei buoni propositi, le piattaforme online restano ancora terreni fertili per la disinformazione e che, da sole, non riescono a combatterla.
Per riuscirci, dovrebbero instaurare una “cooperazione significativa con una gamma più ampia di organizzazioni indipendenti e affidabili”, scrivono la commissaria per la Giustizia, i consumatori e la parità di genere, Vera Jourova, il commissario responsabile per l’Unione della sicurezza, Julian King, e la commissaria per l’Economia e la società digitali, Mariya Gabriel, in una nota congiunta. Se è vero che le elezioni europee dello scorso maggio hanno visto network e social media lavorare con più efficacia per limitare il margine d’interferenze, migliorare l’integrità dei servizi e neutralizzare gli incentivi economici che favoriscono la disinformazione, i danni provocati da un’erronea divulgazione automatizzata persistono e richiedono oggi più sforzi per essere eliminati. A cominciare dalla consapevolezza che “l’unione fa la forza” e che, da soli, gli attuali firmatari del codice non andranno molto lontano. Lo lasciano intendere Jourova, King e Gabriel, rammaricandosi “del fatto che nessun’altra piattaforma o nessun altro attore del settore della pubblicità abbia aderito al codice di buone pratiche”. Siti e social media continuano a fare scudo insieme contro il dilagare di fake news e l’informazione viene progressivamente epurata da fallacie e imprecisioni, ma ancora – sottolineano i tre commissari europei – non vi è sintonia tra gli Stati membri sull’attuazione delle politiche delle piattaforme, la cooperazione con i portatori d’interesse e la sensibilità ai contesti elettorali.
In sintesi, si può fare di più. E con più aiuti. Per questo la Commissione ha deciso di avvalersi dei contributi di altri organi per meglio monitorare la divulgazione telematica: il gruppo dei regolatori europei per i servizi audiovisivi (ERGA), un organismo terzo segnalato dai firmatari e, infine, un consulente esterno designato dalla stessa Commissione per valutare l’efficacia del codice di buone pratiche. Coadiuvata da tali attori, l’Istituzione presieduta da Ursula von der Leyen presenterà la sua valutazione globale all’inizio del 2020: qualora gli obiettivi prefissati non fossero stati ancora raggiunti, potrà intervenire con nuove misure, stavolta più stringenti.