Bruxelles – È bastato il primo round. Alberto Fèrnandez, leader del partito giustizialista (PJ), è il nuovo presidente dell’Argentina, con circa il 48% dei voti si aggiudica la vittoria alle elezioni generali, lasciandosi alle spalle il presidente in carica Mauricio Macri, leader del partito Proposta Repubblicana (PR) appena sopra il 40% dei voti. Il sistema elettorale argentino non prevede un secondo round nel caso in cui il candidato vincente superi la soglia del 45% dei voti. È stato questo il caso, e Fernandez entrerà in carica il 10 dicembre.
Non era mai successo prima d’ora che in Argentina il presidente in carica non venisse rieletto. Fernandez e il suo partito giustizialista spezzano dunque le tradizioni. Il PJ affonda le sue radici nel “Peronismo”, che prende il nome dal noto ex presidente argentino Juan Domingo Perón in carica per due volte tra gli anni 50′ e 70′, artefice di un programma votlo a bilanciare e coniugare idee socialiste, patriottismo e indipendenza economica attraverso la cosiddetta ‘terza via’ (alternativa a modello capitalista e comunista).
Il presidente uscente paga il non aver saputo mantenere appieno la promessa della “povertà zero”. Questa è tra le motivazioni principali che hanno spinto gli argentini ad abbracciare il centrismo egualitario di Fernandez e il suo PJ. Già ad agosto, in occasione delle elezioni primarie che nel Paese si indicono per stabilire quali saranno i candidati di ogni partito per le elezioni generali, il Parito giustizialista aveva registrato un vantaggio di 15 punti percentuali su Proposta Repubblicana.
Una cattiva notizia per l’Europa
L’esito elettorale non è una buona notizia per l’Unione europea. Fernandez aveva rimesso in discussione l’intesa raggiunta tra UE e Paesi Mercosur per il l’aggiornamento delle relazioni commerciali. L’intesa non è stata ancora ratificata, e potrebbe dunque incorrere in una battura d’arresto. Un’ipotesi tutt’altro che remota, visto che il presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, ha minacciato sanzioni contro Buenos Aires in caso di azioni tali da mettere a repentaglio la tenuta degli equilibri e delle politiche del blocco dell’America Latina, incluse le relazioni commerciali con l’Europa.
L’intesa raggiunta a giugno intende rafforzare e bilanciare il patto economico tra i due gruppi regionali, incrementando il volume degli investimenti. Fernandez ritiene che questa decisione non sia a vantaggio del suo Paese, ma a beneficio dei concorrenti economici diretti dell’area Mercosur, in particolare Brasile. Fernandez teme in particolare ricadute negative per il settore industriale argentino.
Una corsa e una cosa a due
Le elezioni sono state uno scontro a due, nessuna ulteriore alternativa è riuscita a conquistarsi una grossa fetta del consenso popolare argentino. Tra gli altri candidati, l’economista Roberto Lavagna si aggiudica il terzo posto (6,17%), seguito dal socialista Nicolás del Caño (2,2%), dall’ufficiale dell’esercito Juan José Gómez Centurión (1,7%) e l’economista José Luis Espert (1,55%).
La volontà dei cittadini argentini di voler uscire dalla crisi economica ha sicuramente influenzato la direzione del voto, ma ha contribuito anche la figura di Cristina Fernández de Kirchner, nominata vice-presidente e già presidente dell’Argentina dal 2007 al 2015. E’ una persona molto amata in patria, anche per via delle sue politiche. Il suo mandato presidenziale fu contraddistinto da una serie di programmi sociali a sostegno dei meno abbienti.