Bruxelles – Ci si prepara ad affrontare il nuovo decennio. Un secolo fa gli Stati Uniti aprivano i cancelli ai “ruggenti” anni 20, la guerra era appena terminata e l’esorbitante processo di innovazione e modernizzazione portava con se la nascita dei consumi di massa. Se ieri il boom economico era caratterizzato dalla diffusione capillare di elettrodomestici, automobili, radio e proiettori, oggi, ci attende l’Intelligenza Artificiale. La differenza è che gli Stati Uniti non sono più gli unici leader economici globali, ma devono fare i conti con altri attori chiave, su tutti la Cina. La domanda da porsi è che ruolo avrà l’Europa di fronte a questa imminente sfida digitale? Il think tank economico di Bruxelles Bruegel ha tenuto ieri una conferenza assieme ad alcuni rappresentanti dell’università giapponese di Kobe, per dare risposte e spiegare gli impatti dell’intelligenza Artificiale sull’economia e le politiche di concorrenza.
“Nei miei primi 100 giorni d’ufficio proporrò una legislazione per coordinare l’approccio europeo sulle implicazioni umane ed etiche in merito all’Intelligenza Artificiale. Questo dovrebbe anche riguardare come si possano utilizzare i Big Data per l’innovazione che crea benessere per le nostre società e nostri business”, Guntram Wolff, direttore del Bruegel, riporta le parole dell’eletta presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che, nella stesura delle linee guida politiche del prossimo mandato, rese subito chiaro come l’Unione europea debba farsi trovare pronta alle porte di un’epoca che tende sempre più al digitale. Etica e nuovi percorsi per l’utilizzo dei Big Data, sono questi i punti di forza su cui l’Ue vuole fare leva per ritagliarsi il suo spazio nel mondo dell’Intelligenza Artificiale; su queste basi si fonda anche la partnership tra Bruxelles e Tokyo che, lo scorso gennaio, ha permesso alle due economie di condividere apertamente un enorme numero di dati personali, sotto la supervisione di rigide garanzie di protezione. Il negoziato rientra nell’ Accordo di partenariato economico tra Ue e Giappone (EUJEPA) firmato nel giugno 2019.
Von der Leyen è determinata a guidare la Commissione verso un percorso di digitalizzazione a 360 gradi, per questo lo sviluppo di norme comuni per le reti 5G e la creazione di un nuovo “Atto per il servizio Digitale” che “aggiorni le responsabilità per le piattaforme digitali, i servizi e i prodotti” sono tra i prossimi obiettivi. I propositi sono buoni, i risultati ancora lontani. Gli attesi “primi 100 giorni d’ufficio” continuano a tardare per via della bocciatura dei commissari europei di Francia, Romania e Ungheria.
Mentre l’Europa, a fianco del Giappone, rallenta, Stati Uniti e Cina viaggiano alla velocità della luce se parliamo di Intelligenza Artificiale e digitalizzazione. “Più dati vuol dire più potenza e gli americani sono campioni nel brevettare” sottolinea Taiji Hagiwara, professoressa all’università di Kobe. I colossi digitali di Microsoft, Alphabet (Google) e International Business Machines corporation (IBM) dominano il mercato; mentre la Cina non solo possiede un potenziale accesso dati a più di un miliardo di persone, le università si dirigono sempre più verso indirizzi che prediligono lo studio delle nuove discipline sul digitale, spiega Hagiwara, al contrario dell’occidente.
Alla domanda riguardo quali politiche dovrebbero intraprendere gli stati membri, assieme al Giappone, per concepire una norma universale sulla protezione dati e bilanciare la supremazia americana e cinese, la risposta di Hagiwara è spontanea: “Se lo sapessi sarei a capo della Commissione”. Un istante dopo la professoressa ricompone il tono di voce e tranquillizza il pubblico spiegando che Ue e Giappone non possono competere, quantitativamente, con paesi come Cina o India che dispongono di un vastissimo bacino di dati; ciò che conta è focalizzarsi sull’aspetto etico dell’Intelligenza Artificiale. Questo significa analizzare i sistemi con maggior utenza, individuare le falle, e trovare soluzioni.