Strasburgo – Quando una crisi non finisce davvero, gli straschichi che lascia sono tanti e per riprendere ossigeno ogni società impiega tempo. Tanto. Lo confermano i numeri: secondo Eurostat, nel 2018 ben 17 milioni di persone d’età compresa tra i 15 e i 74 anni erano disoccupate nell’Unione europea, come numero più di Belgio e Danimarca messi insieme. A questi si aggiungevano 134 milioni di economicamente inattivi, dunque esclusi dalla forza lavoro dei loro Paesi e non impegnati a favorirne il progresso.
Ma accanto a queste frange di non integrati nel mercato del lavoro, esiste anche chi il lavoro ce l’ha, ma a cui non basta. Dei 46 milioni d’impiegati a tempo parziale, calcolati da Eurostat nel 2018, 8 milioni risultavano “sottoccupati”, ovvero desideravano lavorare più ore ed erano disposti a farlo. Si tratta perlopiù di donne (66%) e del 4% dell’intera popolazione censita nell’Ue l’anno scorso. Un dato molto variabile tra un Paese e l’altro dell’Unione: se in Grecia gli impiegati part time sottoccupati costituivano il 70% della popolazione nel 2018, in Spagna erano il 45% e in Portogallo il 37%. In Italia ci si attesta al 10%, una percentuale non allarmante considerando che il nostro è tra i Paesi più densamente abitati dell’Ue. Estonia e Paesi Bassi, che arrivano, insieme, a meno di un terzo dell’intera popolazione italiana, contano entrambe il 9% di sottoccupati tra i lavoratori part time, mentre la più popolata Germania e il Lussemburgo si allineano allo Stivale (10%).
E in Italia, nonostante le conseguenze di una crisi esplosa 10 anni fa siano ancora preoccupanti, la condizione di chi al lavoro vorrebbe poter dedicare molto più tempo ha fatto alcuni progressi. Dal 2015 al 2018 il numero degli occupati a tempo parziale, sottoccupati, ha registrato un calo graduale, scendendo da oltre 747mila a 667mila. Un dato che trova riscontro nel trend complessivo dell’Ue a 28, dove pure gli impiegati part time che vorrebbero lavorare di più sono diminuiti da quattro anni fa.
Si tratta, comunque, di cali contenuti, non tali da far parlare di vero cambiamento, soprattutto considerando che il fenomeno continua a colpire molto più le donne che gli uomini (la Romania è l’unico Paese membro in cui la percentuale di sottoccupate tre le impiegate part time è inferiore al 50%, fermandosi al 36%).