Bruxelles – 23 voti non bastano a garantire la Brexit, e si entra in un Limbo. Il premier britannico Boris Johnson ha avuto oggi un’importante vittoria alla Camera dei Comuni, riuscendo a vincere un voto in base al quale l’Accordo per la separazione raggiunto con l’Unione europea la scorsa settimana può passare ad una seconda lettura (quasi definitiva), ma ha avuto un altrettanto importante sconfitta (-14) nel voto successivo, quello con il quale il governo voleva imporre tempi strettissimi, tre giorni, per approvare la legislazione “secondaria”, necessaria a mettere in pratica il deal e poi votare ancora una volta sull’uscita. Il tutto per garantire la separazione entro il 31 ottobre, come Johnson ha sempre promesso ai suoi elettori. Fatto sta che questa data dovrà spostarsi in avanti, in base ad una richiesta che lo spesso premier, obbedendo ad una legge approvata lo scorso settembre, ha dovuto chiedere a Bruxelles poiché l’accordo non è stato approvato entro la data limite del 19 ottobre. Il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha fatto sapere che proporrà ai leader dei 27 di concedere una proroga.
Following PM @BorisJohnson’s decision to pause the process of ratification of the Withdrawal Agreement, and in order to avoid a no-deal #Brexit, I will recommend the EU27 accept the UK request for an extension. For this I will propose a written procedure.
— Charles Michel (@eucopresident) October 22, 2019
AGGIORNAMENTO del 23 ottobre: Anche il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, concorda sulla opportunità della concessione di un rinvio.
Following #Brexit votes in Westminster, UK gov's request for extension until January 31 remains. I think it is advisable that the @EUCouncil accepts this extension. This will allow UK to clarify its position and @Europarl_EN to exercise its role https://t.co/7cd0YnNbTW pic.twitter.com/aqIqw7lLR4
— Roberta Metsola (@EP_President) October 23, 2019
E’ vero, è tutto molto complesso. In sostanza il complicato sistema parlamentare britannico consente di approvare leggi presentate all’esame dei deputati solo poche ore prima del voto, e prevede per alcuni tipi di atti, come il “Brexit deal” un macchinoso meccanismo di approvazioni successive dello stesso testo prima di arrivare ad un voto definitivo.
Ora la parola, secondo Johnson, sta all’UE, che deve decidere di quanto sarà la proroga, ma secondo i 27 sta a Londra, che deve spiegare in che tempi intende fare cosa, mentre a Bruxelles tutto e pronto per approvare la separazione non appena Londra l’avrà fatto. Prima, per l’Unione europea, i britannici devono dimostrare la determinazione a lasciare il club, dopo si darà l’approvazione finale.
Su tutto aleggia poi la possibilità di andare ad elezioni anticipate, che il premier però potrebbe ottenere solo se convincesse i suoi parlamentari a votare, di fatto, la sfiducia al loro leader, altrimenti non avrebbe i voti necessari a sciogliere il Parlamento. Elezioni che si potrebbero tenere in dicembre, con un solo precedente in un voto invernale, in unelezione tenuta nel 1910.
Cosa succederà adesso è difficile dire. L’Unione potrebbe concedere una proroga sino a fine gennaio, come è nella richiesta britannica, o di poche settimane, per dare solo il tempo “tecnico” per approvare la legislazione attuativa e poi l’Accordo. Ma probabilmente da Bruxelles fino all’ultimo momento non arriverà nulla che metta fretta o al contrario dia tempo a Londra, finché da Londra non arriveranno atti chiari. Ma di certo una proroga arriverà prima del 31 ottobre, a meno che alla Camera dei Comuni Johnson non trovi la via per approvare tutto il pacchetto entro qualche giorno.