Strasburgo – Bulgaria promossa, Romania rimandata. Questo è il giudizio che la Commissione europea ha espresso oggi sulle misure adottate da Sofia e Bucarest riguardo agli impegni presi sulla riforma giudiziaria e la lotta contro la corruzione (e, nel caso della Bulgaria, sulla lotta alla criminalita’ organizzata).
Dimitris Avramopoulos, Commissario europeo per le migrazioni, gli affari interni e la cittadinanza, è visibilmente dispiaciuto nel constatare l’insolvenza delle autorità rumene, che l’Esecutivo comunitario ha ammonito più volte riguardo alla situazione dello stato di diritto nel Paese. Lo fece a maggio il vicepresidente della Commissione, Frans Timmermans, con quell'”ultimo avvertimento” trasmesso alla massime autorità di Bucarest, rimproverate di non aver tenuto in conto le raccomandazioni dell’Unione sulla lotta alla corruzione e all’indipendenza della magistratura.
“Ci rammarichiamo che la Romania non si sia impegnata abbastanza”, sussurra Avramopoulos al microfono della sala stampa, senza però essere tranchant: “la Commissione continuerà ad aiutare il governo rumeno per contrastare certi fenomeni”.
Pollice alto per la Bulgaria, i cui progressi sono giudicati “sufficienti a soddisfare gli impegni assunti al momento della sua adesione all’Ue”, dice, rincuorato, il commissario greco. Nell’ultimo anno Sofia “ha consolidato il proprio quadro giuridico e istituzionale”, nota Bruxelles nella sua relazione annuale, sottolineando l’impegno del governo bulgaro nelle riforme per l’indipendenza giudiziaria e la lotta alla corruzione. L’Ue plaude anche alla volontà di abrogare la sospensione automatica dei magistrati in caso di indagine penale nei loro confronti, e la denuncia di appartenenza ad associazioni professionali. In attesa che Parlamento e Consiglio europei riportino alla Commissione i loro pareri, la Bulgaria dovrà continuare a monitorare l’attuazione della riforma giudiziaria con un consiglio ad hoc recentemente istituito, “che contribuirà” – spiega Avramopoulos – al futuro dialogo con Bruxelles”.
Un’ultima nota, stavolta dolente, il Commissario europeo per le migrazioni la spende sul trattato di Schengen, pilastro dei valori politici e istituzionali comunitari. “Non possiamo andare avanti così”, dice, riferendosi al prolungamento dei controlli temporanei alle frontiere, per altri sei mesi, appena notificato da Austria, Danimarca, Francia, Germania, Svezia e Norvegia. “Di questo passo, qualche governo nel futuro sarà ritenuto responsabile nel caso qualcosa vada storto, non solo per quanto riguarda Schengen, ma tutta l’Europa”. E l’Unione, chiarisce, non può permetterselo.