Strasburgo – C’è un caso che, in questi giorni, riassume in sé due tra i maggiori fenomeni di crisi politico-finanziaria che l’Unione europea sta vivendo, la Brexit e il declino della competitività d’imprese e aziende nell’Unione europea. Quel caso si chiama Thomas Cook.
L’operatore turistico britannico che il 23 settembre scorso ha dichiarato bancarotta, schiacciato da un debito di oltre due miliardi di euro, ha riacceso il dibattito sui risvolti e i retroscena del suo tracollo. E l’ha fatto, in queste ore, sia a Londra che a Strasburgo. Da ieri a Westminster è in corso di elaborazione un’indagine sul presunto conflitto d’interessi dell’azienda tedesca PricewaterhouseCoopers (PWC), responsabile esterna della revisione contabile di Thomas Cook: stando a quando riportato su The Guardian, PWC sarebbe sospettata “di aver fornito ai dirigenti di Thomas Cook informazioni sui loro stipendi e bonus retributivi, essendo, al tempo stesso, il revisore esterno dell’operatore turistico”. Domani i parlamentari del Comitato per le imprese, l’energia e la strategia industriali (BEIS) del Parlamento britannico interrogheranno i dirigenti dell’azienda tedesca sulle “pratiche contabili e di revisione” da questa condotte nei confronti di Thomas Cook.
Dall’altra parte della Manica, a Strasburgo, gli europarlamentari stanno lavorando a una risoluzione che verrà messa ai voti giovedì 24: vogliono chiedere alla Commissione europea come si mobiliterà per assistere le migliaia di lavoratori rimasti disoccupati dopo il fallimento di Thomas Cook e, d’altra parte, come intende prevenire che fenomeni simili possano intaccare, in futuro, le economie dei Paesi dell’Ue strettamente legate al settore turistico. Riuniti in aula, stasera, gli europarlamentari si sono mostrati concordi sull’aspetto centrale della risoluzione che giovedì verrà votata: l’importanza di tutelare quanti, per colpa del debito accumulato dalla compagnia, hanno perso il loro posto di lavoro. E che, in qualche modo, dovranno continuare a mantenere le loro famiglie.
“Il fallimento di Thomas Cook è il segnale di un declino molto più profondo, che riguarda la competitività europea”, afferma Tomas Zdechovsky del Partito popolare europeo (PPE). “E’ il clima all’interno delle imprese e nel turismo che deve cambiare, perché sono settori che generano posti di lavoro e incredibili collegamenti a livello di filiera”, continua il politico ceco. Gli fa eco Caroline Voaden, del gruppo Renew Europe: “L’industria del turismo sta cambiando e noi dobbiamo essere capaci di sostenere questa trasformazione, che non riguarda solo le compagnie aeree, ma anche le aziende operanti nel settore degli alloggi. In alcuni Paesi un lavoratore su cinque trova impiego in queste categorie”, ricorda l’europarlamentare.
Ancora una volta “centinaia di famiglie sono appese a un filo”, lamenta Julie Lechenteux di Identità e democrazia. E se è vero che le incertezze legate alla Brexit potevano essere all’origine della crisi finanziaria di Thomas Cook, adesso – grida la francese – “qualcuno dovrà riflettere su cosa comporta voler uscire dall’Unione europea”.