Roma – La moratoria sulle armi non basta. In Italia considerano insufficienti le decisioni dell’UE per mettere in pressing la Turchia e fermare l’attacco nella fascia settentrionale della Siria. Il ministro Luigi Di Maio ha informato il Parlamento sugli esiti del Consiglio europeo degli Esteri che ha condannato l’operazione militare, scartando però la scelta dell’embargo “formale” sulle armi o altre sanzioni, approvando un più rapido “accordo politico” che di fatto, pur con un coordinamento europeo, demanda agli Stati la scelta di come operare questo embargo. Qualcuno, come il Regno Unito blocca subito, altri non si sa.
L’Italia ha già scelto, “non chiudiamo gli occhi e non ci giriamo dall’altra parte. Nelle prossime ore formalizzerò tutti gli atti necessari affinché si blocchi l’esportazione di armamenti verso Ankara”. Concretamente è uno stop ai contratti futuri e l’apertura di “un’istruttoria” su quelli già in essere ha annunciato il ministro Di Maio, spiegando che “il blocco come singoli Stati è immediato mentre la pianificazione di un embargo europeo avrebbe richiesto mesi”.
In sostanza quello che è stato giudicato come un intervento troppo timido da parte delle cancellerie dei partner Ue, sarebbe una scelta mirata e pragmatica, perché immediatamente operativa, condivisa pienamente anche dall’Alto rappresentante per la politica Estera Federica Mogherini. “Con il richiamo alla posizione comune del 2008 sui limiti alle esportazioni di armi si ottiene lo stesso effetto di un embargo all’export di armamenti, senza proclamarlo formalmente”, ha detto al termine della riunione di lunedì a Lussemburgo, aggiungendo che in ogni caso “ulteriori provvedimenti possono essere sempre presi” non escludendo le sanzioni economiche.
Dopo Italia, Francia, Germania e Repubblica Ceca che hanno già adottato un veto alla vendita delle armi alla Turchia, anche la Spagna ha annunciato con Josep Borrell (futuro Commissario per la politica estera UE) analogo provvedimento e oggi pure la Gran Bretagna ha varato lo stop ad ulteriori licenze alla vendita di armamenti.
Il blocco “è un’iniziativa doverosa ma non ci può appagare” ha commentato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, tornando a condannare l’operazione militare di Ankara. Il risultato deve essere quello di “persuadere la Turchia a rinunciare all’offensiva”, ha aggiunto, per la quale tutte le iniziative utili saranno messe in campo e l’Italia sarà capofila in questa direzione, non escludendo neppure una richiesta diretta al telefono con Erdogan.
Il dibattito in Italia sollecita iniziative ancora più dure contro la Turchia. Sul fronte interno si schierano tutti contro Ankara. Maggioranza e opposizione sollecitano il governo a intensificare gli interventi umanitari a favore dei civili in fuga che le autorità curde hanno stimato in 275 mila persone tra cui 70 mila bambini. Ma le forze politiche chiedono azioni ancora più drastiche fino a mettere in discussione il supporto in teatro all’Alleanza atlantica. Sia il segretario del Pd Nicola Zingaretti, sia la Lega chiedono infatti lo stop all’operazione “Active Fence” che coinvolge circa 130 nostri militari nelle batterie di missili per la difesa aerea schierate non molto lontane dal confine siriano. La presenza della Turchia nella Nato, ha rappresentato fin da subito un problema per gli alleati su cui lo stesso Erdogan ha messo in guardia, dopo la pioggia di condanne e critiche dell’offensiva militare. Ora i nodi vengono al pettine e saranno domani all’attenzione di una nuova riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, chiesta da Gran Bretagna, Francia, Germania, Belgio e Polonia.