Bruxelles – “Per il Parlamento europeo la tutela dei diritti dei cittadini europei che vivono nel Regno Unito e di quelli britannici residenti nell’Unione europea rappresenta la priorità numero uno”. L’ha riferito il presidente della Commissione per gli affari costituzionali del Parlamento europeo, Antonio Tajani, a margine di un’audizione dei rappresentanti della società civile voluta per discutere sui recenti sviluppi della Brexit.
L’incontro ha fatto emergere ancora una volta l’urgenza di Bruxelles di negoziare un accordo legale e credibile con il Regno Unito per il suo recesso dall’Ue. Inoltre, ha dato voce a chi potrebbe subire sulla propria pelle le conseguenze di un divorzio non gradito. E’ il caso di Emma De Souza, attivista irlandese per i diritti dei cittadini, che ha portato all’attenzione dell’assemblea l’importanza di tutelare l’identità e la cittadinanza dei residenti in Irlanda del Nord. “Chiediamo alla Commissione europea di concedere la cittadinanza europea a tutta l’Irlanda del Nord: dobbiamo evitare che le persone debbano richiedere un passaporto per accedere ai diritti europei”, ha detto De Souza.
Al centro del dibattito, la toccante testimonianza di Anna D’Amato, nata in Calabria ed emigrata ad appena 18 mesi in Inghilterra insieme ai genitori. “Quando avevo 11 anni il Regno Unito entrò a far parte dell’Unione europea: mi dissero che saremmo diventati tutti uguali e io, infatti, non mi sono mai sentita diversa. Mi sono sempre sentita inglese, perché ho studiato nel Regno Unito, lì mi sono laureata, sposata e ho messo al mondo i miei figli. Poi, all’improvviso, qualcuno ha deciso che non ho diritto di vivere nel mio Paese, che mi è negata l’assistenza sanitaria, che non sono residente in quel Paese perché non compaio nei registri del Ministero degli Interni britannico. Sentirsi dire una cosa del genere è umiliante”, grida la donna con la voce rotta dalle lacrime. Ai deputati che l’ascoltano in un silenzio assoluto, ricorda che “a giugno 2016 fu promesso a lei e a tutti i cittadini residenti nel Regno Unito che la Brexit non avrebbe cambiato nulla della nostra condizione”. Non è così, ripete indignata D’Amato: “la verità è che tutto può cambiare perché qualcuno ti cancella la vita dalla sera alla mattina”. Poi, l’appello ai membri della Commissione: “Vi chiedo di fare qualcosa per noi, al più presto. Questo è un caso umanitario, non solo politico”.
Uno scroscio di applausi copre le ultime parole di D’Amato, che ha gli occhi lucidi quando inizia ad ascoltare gli interventi dei commissari. In molti parlano di prorogare la data d’uscita del Regno Unito dall’Ue per organizzarla al meglio, evitando soluzioni pasticciate. L’ha detto Pedro Silva Pereira, membro della Commissione affari costituzionali per il gruppo dei Socialdemocratici. L’ha ribadito la sua collega Maria Grapini, che pensa a “una campagna d’informazione per i cittadini britannici al fine di prorogare la data di Brexit e far capire loro cosa perderebbero in questa situazione”. Non l’ha escluso, infine, Guy Verhofstadt, di Renew Europe, che ha chiarito: “Questo Parlamento non approverà un accordo che non garantisca e tuteli al cento per cento i diritti dei cittadini. Il settled status (quello che permette ai residenti del Regno Unito di rimanervi dopo Brexit, ndr) deve essere riconosciuto ai cittadini, ma non tramite richiesta, bensì con registrazione automatica. L’onere è del Ministro degli Interni, non del cittadino che subisce questa condizione”, spiega Verhofstadt. E anche nel caso di no deal, che il deputato belga scongiura, “deve essere garantito a entrambi i cittadini – britannici ed europei – che i loro diritti vadano difesi”.
Un appello corale alla difesa delle persone, della loro dignità e del loro futuro. “Centinaia di migliaia di persone rischiano di perdere il loro lavoro a causa della Brexit”, ha ricordato Tajani al termine dell’audizione. “Il Parlamento europeo deve essere in prima linea per loro”.