dall’inviato
Londra – Boris Johnson non vuole l’accordo. Dice di volerlo, ma non lo vuole. E molto probabilmente, cosa ancora più grave, non ha chiaro la posta in gioco. L’incontro di David Sassoli con il premier britannico, Boris Johnson, l’ultimo di una serie di visite delle capitali europee, lascia il presidente del Parlamento europeo “preoccupato”. Preoccupato perché la visita rischia di rivelarsi completamente inutile. Prima di arrivare a Londra Sassoli ha visto i leader di Francia e Germania, e anche loro sono allarmanti. “Sulla Brexit tutti sono preoccupati, tutti coloro che sentono forte la responsabilità dei nostri Paesi come fanno a non essere preoccupati”. Meno a Londra.
Ma da Londra si sente ripetere il mantra del ‘do it or die’, o Brexit o morte. “Johnson ha iniziato il colloquio con me dicendo che il Regno Unito il 31 ottobre, accordo o non accordo, uscirà dall’Ue e che in nessun caso chiederà un’estensione” del periodo di permanenza temporanea. “Io – dice Sassoli a un ristretto numero di giornalisti dopo l’incontro a Downing Street – gli ho detto che si sta assumendo un’enorme responsabilità”. La replica del premier britannico? “Non devi essere triste, mi ha detto, ma io sono preoccupato”. Il ritratto di Johnson secondo Sassoli vuole il premier britannico un irresponsabile.
Manca poco al termine previsto per l’uscita del Regno Unito dall’UE, ma all’orizzonte non si intravedono scenari incoraggianti. “Se Johnson ha presentato quelle proposte al negoziatore capo dell’UE cinque giorni allora vuol dire che non vuole un accordo”. La chiave allora è tutta qui. O Johnson non sa cosa fare, o forse non vuole fare proprio niente.
A Parigi e Berlino i leader di Francia e Germania preoccupati, ma determinati a tenere il punto. La cancelliera tedesco ha già espresso il suo ‘nein’ alle proposte di Johnson, che appare guardare altrove. “Il premier britannico continua a dire che si può procedere per accordi separati. No. Un accordo è un accordo, e l’unità di questo accordo deve essere garantita, perché noi abbiamo la responsabilità di garantire la continuità del mercato unico”.
Il presidente del Parlamento europeo è visibilmente spazientito, e non fa nulla per nasconderlo. “Secondo Johnson il problema è solo relativo alle dogane in Irlanda, e se abbiamo risolto quello abbiamo risolto tutto. No, non si risolve niente”. Il Parlamento europeo è pronto a venire incontro ai britannici, ma da parte loro ci si aspettano passi avanti concreti. “Ci sia una proposta. Non delle idee, proposte”. Si adira, Sassoli, pensando a cosa ha messo sul tavolo Boris Johnson. “Quando dici che sull’Irlanda ci sarà una proposta di accordo da mettere al voto del Parlamento dell’Irlanda del nord che sappiamo non si riunisce da due anni? Non è una proposta!”
Il tempo a disposizione non è molto, ma se Londra vuole discutere a Bruxelles ci sono interlocutori attenti e disposti ad ascoltare. Il punto è che Johnson ha chiarito di non voler chiedere estensioni e non ha prodotto nulla di concreto. Sassoli lascia Downing Street sfiduciato e contrariato. Ha fatto da apripista per i leader dell’UE, ha cercato di far ragionare il premier britannico e mettere una buona parola. “Mi auguto che ci sia una scossa di responsabilità”. Ma l’impressione è un’altra, quella di un incontro a Londra andato a vuoto per via di un capo di governo deciso a fare il salto nel buio. ‘Do it or die’. Il Parlamento UE è disponibile, anche a dare una mano a Johnson nella sua azione. “Il Parlamento non approverà un accordo ad ogni costo”. A giudicare da come si è aperto e chiuso l’incontro londinese di Sassoli, si mette male.