Bruxelles – La protesta per la protezione dell’ambiente degli attivisti del movimento “Extinction Rebellion” da giorni dilaga come lava bollente nelle piazze di tutta Europa e del mondo, da Berlino a Sidney, da Londra ad Amsterdam.
La loro furia ha provocato l’intervento delle forze dell’ordine, che oggi hanno eseguito 100 arresti ad Amsterdam e oltre 130 a Londra. Dalla Germania all’Austria, passando per Francia e Spagna, l’onda anomala dei “disobbedienti non violenti” – come si definiscono gli stessi attivisti – ha sfidato l’oceano riversandosi in Australia e in Nuova Zelanda. Durante il sit-in di oggi a Sydney la polizia ha rimosso centinaia di manifestanti dalle strade e ne ha fermati altri 30 che ora sono sotto accusa. A Wellington, in Nuova Zelanda, un gruppo di ribelli ha circondato il palazzo del governo, che è anche la sede del ministero preposto alla concessione dei permessi di trivellazione. Molti di loro sono ora in stato di fermo.
Intanto, a Berlino, la protesta sconfina oltre i dintorni della residenza di Angela Merkel e ha raggiunto le piazze principali della città. “Alzati, partecipa e dai il tuo segnale per opporti alla riluttanza ad agire del nostro governo”, gridano gli occupanti da Potsdamer Platz, mentre, sulle loro teste, sventolano le clessidre chiuse nei cerchi, simbolo scelto da “Extinction Rebellion” per denunciare il rischio d’estinzione di molte specie viventi. Anche Carola Rackete, capitano della Sea Watch 3 arrestata in Italia lo scorso giugno, è intervenuta nel corso delle manifestazioni, invocando l’azione immediata dei governi internazionali contro il cambiamento climatico. Nella capitale tedesca le autorità hanno dichiarato che, per il momento, si astengono dal disporre arresti, mentre a Londra 130 “disobbedienti” sono stati fermati, sommandosi agli oltre 1100 fermi effettuati nel Regno Unito dall’inizio dell’anno.
E’ qui che è nato il movimento, nel 2018, con l’obiettivo di sollecitare l’intervento drastico del governo contro il cambiamento climatico. Oggi suoi gruppi sono dislocati in decine di Paesi e nelle prossime due settimane potrebbero scatenarsi in circa 60 città. La richiesta è sempre la stessa: che i capi di Stato del mondo “dichiarino un’emergenza climatica ed ecologica” e prendano al più presto provvedimenti per frenare la deriva.