Bruxelles – L’epilogo era annunciato, ma ora è ufficiale: dopo 178 anni di attività, la compagnia turistica britannica Thomas Cook ha dichiarato bancarotta. Le ultime trattative con i creditori sono saltate nella notte e il colosso di viaggi ha annunciato con una nota che “sono cancellati tutti i futuri voli e le future vacanze”.
“E’ il più grande rimpatrio mai avvenuto in tempo di pace”, ha commentato a caldo la BBC, con 150mila cittadini britannici da riportare a casa a cui si aggiungono, per il momento, decine di migliaia di altri viaggiatori europei all’estero. In Germania, dove la compagnia aerea aveva il più florido mercato, sono 140mila i cittadini da rimpatriare, sostiene il Tagesschau. Le compagnie assicurative tedesche, spiega la BBC, si stanno organizzando per sopperire, ove possibile, ai disagi e alle possibili richieste di copertura. I Belgi lasciati a terra sono 10mila.
Un tracollo che grava sulle spalle di 22mila lavoratori nel mondo, di cui 9mila in Gran Bretagna: numeri che per i quali il CEO di Thomas Cook, Peter Fankhauser, ha rivolto le sue scuse “ai milioni di clienti e alle migliaia di dipendenti” dell’azienda. Da Londra, il corrispondente di BBC, Thomas Burridge, fa sapere che oggi 16mila viaggiatori sarebbero dovuti tornare a casa con i voli della compagnia e che le autorità sperano di riuscirne a imbarcare 14mila su voli charter. “I clienti provenienti dal Regno Unito – fa sapere il Dipartimento per i trasporti – verranno rimpatriati in data il più possibile prossima a quella che avevano prenotato”.
Ma perché non si è riusciti a prevenire il collasso? L’azienda aveva chiesto al governo britannico di innescare un’operazione di salvataggio di 250 milioni, che le era stato negato. I grossi debiti che questa aveva accumulato (circa 1,5 miliardi di sterline) e le attività portate avanti nell’High Street business non la candidavano facilmente al salvataggio nell’era del fai da te on line, ha spiegato Grant Shapps, Segretario del governo per i Trasporti. Il premier Boris Johnson ha apertamente criticato i manager dell’azienda: “C’è da chiedersi quanto i dirigenti di questa società fossero adeguatamente incentivati a risolvere i loro problemi”. Poi, pensando alle migliaia di vacanzieri trattenuti lontano da casa, ha aggiunto: “Faremo del nostro meglio per riportarli a casa. In un modo o nell’altro lo Stato dovrà intervenire per aiutarli”.
Per quanto riguarda le ripercussioni su turisti italiani, Lorenza Bonaccorsi, sottosegretaria per il Turismo al ministero per i Beni Culturali spiega che “stiamo seguendo insieme al ministero degli Esteri le ripercussioni del fallimento Thomas Cook per verificare se ci sono nostri connazionali bloccati all’estero e nel caso dare loro assistenza attraverso l’unità di crisi della Farnesina che si è subito attivata. Stiamo anche verificando gli effetti e i danni per le imprese e i lavoratori del settore turistico italiano”.
Oltre ai guai finanziari che hanno provocato il tracollo di Thomas Cook, ad aggravare la situazione è ora la Brexit. “Non c’è alcun dubbio che abbia spinto molti clienti britannici a rinviare i piani per le loro vacanze”, si era difeso lo scorso maggio Peter Frankhauser. “Certo è che le condizioni psicologiche e le incertezze sulla Brexit non hanno giocato a favore di Thomas Cook”, ha detto poi l’esperto di aeronautica, Jean Collard. “La mancanza di fiducia in ciò che accadrà e l’assenza di chiarezza sul caso Brexit hanno rallentato il turismo, ma hanno fatto anche precipitare le cose”.