Bruxelles – Fine delle audizioni. La parola passa ai giudici. Dopo che per tre giorni la Corte Suprema britannica ha ascoltato i ricorsi presentati dopo le sentenze emesse dalle Corti scozzese e inglese sull’iniziativa di Boris Johnson di chiudere il Parlamento per cinque settimane, tocca ora agli 11 giudici della Corte pronunciare la sentenza definitiva.
La scorsa settimana, l’Alta Corte scozzese ha emesso una sentenza che giudicava illegale la sospensione del Parlamento da parte del Primo ministro. Il caso, proposto dall’attivista Gina Miller, è stato vagliato dai tribunali di Scozia e Inghilterra e poi respinto dai giudici inglesi, che hanno giudicato la sospensione di Westminster “materia puramente politica e non di competenza dei tribunali”. Oggi, Lord Pannick, uno dei maggiori avvocati del Regno Unito e rappresentante di Gina Miller nell’ambito del processo, citando un Atto del 1797 relativo alla “Riunione del Parlamento”, ha dichiarato che “la Corte può ritenere illegale che il Parlamento rimanga chiuso per un ulteriore periodo e ritiene che l’unica opzione legalmente possibile per il Primo ministro sia suggerire al sovrano di anticipare la riunione del Parlamento”. L’approccio che Pannick indica ai giudici è chiaro: l’iniziativa di Johnson è contraria alla legge e i giudici dovranno agire di conseguenza.
Di tutt’altro avviso, naturalmente, i legali del Primo ministro, la cui azione rientrerebbe – secondo loro – nelle prerogative di un capo di governo. “Indipendentemente dalla decisione del tribunale – si legge inoltre nel discorso della difesa – il primo ministro può scegliere se prorogare ulteriormente la sospensione delle attività parlamentari”.
La sentenza di giudici è stata promessa dal presidente della Corte suprema per l’inizio della prossima settimana.