Bruxelles – Quote latte, nuovi guai per l’Italia. La Corte di giustizia europea boccia un’altra volta il Paese, stavolta per la gestione dei rimborsi da garantire a chi ha pagato più del dovuto per la sovrapproduzione. Un capitolo nuovo, che si aggiunge a quelli ancora aperti. Al rischio multe si aggiunge ora il rischio di una nuova procedura d’infrazione, con eventuali nuove multe.
I giudici di Lussemburgo contestano il modo in cui l’Italia ha gestito la campagna lattiero-casearia del 2003-2004. Alle casse dello Stato risultarono prelievi supplementari più alti del dovuto e quindi l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA). Priorità è stata data alle imprese che hanno applicato una trattenuta sul prezzo, lasciando esclusi quanti invece hanno pagato la quota latte con pagamento diretto. Una pratica contraria alle disposizioni dei regolamento comunitari.
In Italia è mancato un meccanismo di rimborso. Ora Lussemburgo chiede di riprocedere ai calcoli di importi e soggetti da pagare. Il rischio di questo pronunciamento è l’inizio di una stagione di ricorsi in tutto il Paese, ma se l’Italia non fa nulla per sanare la situazione la Commissione europea si vedrà costretta ad aprire una nuova procedura d’infrazione.
L’Italia, proprio per la storia delle quote latte, è già stata condannata per eccesso di produzione tra il 2014 e il 2015. Sforamenti che sono valsi una multa da 30 milioni di euro. Senza contare l’altra condanna per gli 1,3 miliardi di euro di multe per sovrapproduzione tra il 1995 e il 2009. La Commissione e la Corte di giustizia dell’UE hanno stabilito che non c’è stato un meccanismo di recupero crediti, col risultato che ha pagato chi non doveva. Il costo è stato scaricato sull’intera cittadinanza anziché sugli sforatori. A questo si aggiunge il problema dei rimborsi: è stato risarcito solo qualcuno e non tutti.