Bruxelles – Boris Johnson ha probabilmente stabilito un record: il primo primo ministro britannico che perde il primo voto parlamentare dopo la sua elezione. La Camera dei Comuni questa sera ha, come si dice “preso il controllo dei suoi lavori”, e con un voto giunto dopo un dibattito lungo e molto teso ha creato le condizioni per votare, domani, mercoledì, un provvedimento legislativo che impedisca al governo di procedere a una Brexit senza accordo con l’Unione europea.
Resterà però il problema di convincere l’UE a concedere una proroga per ragioni “sostanziali”, come potrebbero essere delle elezioni anticipate. Johnson ha più volte detto che si rifiuta di chiedere una qualsiasi proroga, dunque saranno necessarie elezioni anticipate, ben prima del 31 ottobre, data per ora fissata per la separazione, con la vittoria dei laburisti (o anche dei liberali…) perché ci sia un premier che riapra un dialogo con Bruxelles.
Johnson è stato sconfitto anche grazie a 21 parlamentari conservatori ribelli, che hanno permesso una maggioranza di 328 contro 301 a favore della mozione. Saranno espulsi dal partito.
In giornata il governo aveva anche perso la sua maggioranza, di un solo voto, per il passaggio di un deputato dai tory ai liberali.
Festeggia il leader labour Jeremy Corbyn, sottolineando che “non c’è maggioranza in questo per una Brexit senza accordo”.
Il premier Johnson risponde annunciando che, come previsto, presenterà una mozione per il voto anticipato che, in base alle regole britanniche, in questo momento ha la necessità di una maggioranza di due terzi dei deputati per essere approvata. I laburisti sembrano intenzionati a concedere il loro voto ma solo nel caso che il premier fissi la data delle elezioni nella prima metà di ottobre e si impegni a non cambiarla, cosa che potrebbe fare una volta sciolti i Comuni.
Johnson oggi in Aula ha più volte detto che sta lavorando ad un nuovo accordo con Bruxelles, in particolare per quanto riguarda le garanzie sul confine irlandese (il ‘backstop’) e che ci sono “buoni progressi”, ma, mentre da parte Ue non si confermava nulla di questo, lo stesso premier non ha mai fornito alcuna indicazione aggiuntiva alle pressanti domande dei parlamentari. Si è dunque rafforzato il dubbio, forse la certezza, che il primo ministro sta tentando di guidare il Regno Unito verso un no deal Brexit il prossimo 31 ottobre, nonostante gli allarmi contro una scelta del genere lanciati dal mondo delle imprese, della sanità, della cultura.