Roma – “Se la presidente fa un discorso di estrema sinistra e ci schifa, devo pure votarla?” Matteo Salvini, chiude ogni porta alla trattativa sulla futura squadra di Bruxelles e mette già nel conto che ottenere un commissario della Lega sarà una missione impossibile. A Helsinki, nella riunione informale dei ministri dell’Interno che aveva in agenda l’ennesimo vertice sull’immigrazione, il leader del Carroccio aumenta ancora di più le distanze con Bruxelles prendendo a pretesto il voto per Ursula von der Leyen. Una Commissione che “nasce con i voti di Renzi, Berlusconi e Di Maio”, dice in forte polemica con i Cinque stelle che a Bruxelles “hanno fatto altre scelte e ora non dicano che è stata colpa mia”.
E allora il commissario sarà “italiano”, dice ancora il ministro, dunque magari non leghista, specificando che la trattativa è nelle mani del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che dovrà comporre le tessere di una figura compatibile o almeno non in contrasto, con la linea europeista delineata da von der Leyen. Un contesto in cui anche le aspettative per il portafoglio che verrà assegnato all’Italia appaiono più modeste, perché gli insulti non aiutano certo a “ottenere quell’incarico economico di peso”, nei desideri di Palazzo Chigi. Naturalmente in una fase di semiparalisi e delicatissima di governo, nessuno dei due alleati è in grado di prendere in mano il dossier, che ha il mese di settembre come massimo margine temporale, oltre il quale cominceranno le audizioni dei candidati nelle rispettive commissioni di competenza.
Tutta in salita anche la trattativa sulle politiche migratorie che seppur in maniera informale erano sul tavolo dei 28 ministri a Helsinki, piazza che dopo tante assenza, ha conosciuto la partecipazione di Salvini. Restano forti le distanze con il piano franco-tedesco che prevede la possibilità di sbarco per il primo porto e una redistribuzione su base volontaria. Italia e Malta dicono un ‘no’ senza appello, ribadendo la proposta di “zone franche” che però era già tramontata nella riunione dei ministri degli Esteri di pochi giorni fa. “I due piani si possono integrare, discutiamo, ma io non firmerò mai un documento che prevede che tutti arrivino a casa mia”, dice Matteo Salvini.
Per il governo italiano le priorità sono “le espulsioni e la vigilanza delle frontiere esterne” e su questa linea arrivare a sintesi non sarà facile. Sul tema, la foto della riunione di oggi mette in evidenza ancora una volta lo stallo, così che il premier maltese Joseph Muscat ha tentato di sciogliere le tensioni rilanciando per settembre a La Valletta un nuovo summit a quattro con Francia e Germania.