Bruxelles – “Una maggioranza è una maggioranza”. Ursula von der Leyen è pragmatica, con cortesia, sempre pronta al sorriso, non si perde in fronzoli, in frasi retoriche, non vuole impressionare ma convincere. Va dritta al punto nella prima conferenza da presidente eletta della Commissione europea, la prima donna nella storia dell’Unione, una delle donne al vertice del mondo. Siederà al G7, ai Consigli europei, dirigerà una squadra di 27 commissari, tra i quali vuole vedere quattordici uomini e altre 13 donne, e se i governi le metteranno i bastoni tra le ruote, continuerà a chiedere che le mandino donne, per “una Commissione bilanciata”.
La maggioranza europeista che avrebbe potuto sostenerla si è sgretolata: non l’hanno votata i verdi, i socialdemocratici tedeschi, e sono invece stati decisivi per lei i deputati dei 5 Stelle e del Pis, il partito di destra al governo in Polonia. “non so chi mi ha votata”, commenta la tedesca, con una frase nella quale davvero “fa politica”, nascondendo la verità, che le è ben nota ovviamente, dietro alla pagliuzza del voto segreto. Resta il fatto che i partiti europeisti non sono stati in grado di esprimere una maggioranza.
“Sono molto onorata, sopraffatta, vi ringrazio per la fiducia in me, che è la fiducia in un’Europa forte, unita da Est a Ovest, da Sud a Nord”, dice in Aula, appena eletta con soli 9 voti di scarto, ma non sottolinea questa cosa, e dice che quel che c’è da fare è “lottare per il futuro dell’Unione e non al suo all’interno”. Chiede, invoca, persegue “l’unità”, e nel ringraziare “i deputati che hanno deciso di votare per me”, aggiunge subito che “a tutti dico: lavoriamo insieme in modo costruttivo”.
Poi va in conferenza stampa con il presidente del Parlamento David Sassoli, che in aula era appena sceso dal suo scranno per consegnare personalmente alla candidata appena eletta la lettera formale sui risultati della votazione, un gesto di stima, rispetto, e simpatico, che ha rotto gli schemi istituzional/burocratici che sempre più difficile sono da comprendere per i cittadini europei.
Poi Sassoli introduce la prima conferenza stampa della “signora von der Leyen” diventata la persona più potente dell’Unione, raccomandandosi che “tutte istituzioni siano d’ora in poi concentrate sulla necessità di avere più Europa”, augurandosi poi che ci sia “sempre questa trasparenza” registrata in questi giorni che hanno portato alla formazione della volontà parlamentare.
Tocca poi a von der Leyen, che non tradisce quanto detto in questi giorni, anche se i verdi (sbagliando di grosso, in un quadro europeista) non l’hanno votata, e la prima cosa che annuncia, il primo impegno che conferma è che “nei prossimi cinque anni lavorerò per un’Europa amica del clima che sia al servizio dei cittadini, economicamente forte, dove si rispetti lo stato di diritto”. Erano i primi punti di verdi, ma non si capisce, davvero non si capisce perché, non le hanno voluto dare fiducia.
Ora lei lavorerà al programma dettagliato, e si aspetta dai governi “i migliori candidati commissari possibili e – ripete – voglio tante donne quanti uomini”. Domani tornerà in Germania per dimettersi da ministro della Difesa e poi, annuncia, “passerò l’estate a lavorare Bruxelles”.
Un giornalista belga le ricorda che è stata eletta solo per una manciata di voti e lei risponde che “la maggioranza è maggioranza, due settimane fa non l’avevo”. Spiega che in Parlamento “c’era molto risentimento, che capisco, sul processo degli spitzekandidaten. E’ stato necessario lavorare a convincere i gruppi e formulare il programma per 5 anni. Sono molto orgogliosa che dopo meno di due settimane siamo riusciti a formare una maggioranza pro europea”, sottolinea, sottolineando che “dovrò e voglio lavorare costruttivamente con questo Parlamento”.
Lei, nata a Bruxelles da un padre che era uno dei primi funzionari della Commissione, che sperava di diventare commissario (lo ha affermato proprio lei) dice poi di esser “molto emozionata, mio padre voleva tornare come commissario, per me è tornare a casa. L’ Europa è la mia passione. Ho sempre voluto tornare a Bruxelles”.
Parla spesso di “unità”, di volersi conquistare una maggioranza più larga, con l’idea che “più sei aperto, più sei vicino alle persone, migliore sarà il tuo lavoro”.