Il discorso che Ursula von der Leyen terrà domattina nell’Aula di Strasburgo sarà decisivo, per la sua candidatura, ovviamente, e per il futuro dell’Unione europea. Trovare i voti per andare alla guida della Commissione non è solo una questione legata al suo futuro personale, ma conterà la qualità dei voti che riceverà, conterà il fatto che la maggioranza che la (probabilmente) eleggerà sia composta di parlamentari di partiti saldamente europeisti.
Dopo le elezioni si è festeggiato il risultato che ha confermato una maggioranza pro europea nel Parlamento, che ha fermato le forze euroscettiche, sovraniste, o proprio anti-europee attorno al 20 per cento. Popolari e socialdemocratici non hanno più la maggioranza da soli, ma la grande crescita di liberali e verdi aveva fatto parlare a molti di una nuova maggioranza, più ampia, fortemente impegnata nel progetto europeo.
Domani, a Strasburgo, questa maggioranza deve venire fuori, deve mostrasi forte, e soprattutto deve mostrasi completamente autonoma dai voti delle forze sovraniste. Altrimenti avranno vinto loro, e la legislatura partirebbe decisamente con il piede sbagliato, con evoluzioni che potrebbero essere drammatiche per il progetto europeo.
Von der Leyen non è la candidata che avremmo preferito, ma è una europeista convinta, è una donna preparata, una democratica, una che a quanto pare ha saputo conciliare una brillante carriera politica con una vita familiare impegnativa. E’ una persona capace, senza dubbio. Il problema è che a quanto pare in questo nuovo, per lei, lavoro europeo è stata molto mal consigliata dallo staff che gli uomini di Jean-Claude Juncker le hanno messo a disposizione, come sempre si fa per i nuovi membri della Commissione, per aiutarli a capire meccanismi, norme, usi, priorità dell’esecutivo europeo.
Nei suoi incontri con il gruppi politici, molti dei quali in streaming, dunque aperti a tutti, la candidata ha evitato di prendere posizioni decise, di andare fino in fondo nelle risposte, ha tenuto margini di ambiguità troppo ampi, che tra l’altro non rispecchiano quella che è stata la sua storia e che sono le sue posizioni politiche. Le è stato detto, a quanto si è potuto ricostruire, di mantenersi sulle generali, di non chiudere a nessuno, di esser pronta ad accogliere voti un po’ da tutte le parti. Ad esempio sulla questione del rispetto dello stato di diritto von der Leyen è stata molto generica, non ha convinto chi ne chiede l’assoluto rispetto. Da quel che abbiamo capito di lei non è questa la sua vera posizione, la ministra della Difesa tedesca è certamente schierata per un forte rispetto dello stato di diritto, ma non lo ha detto, non lo ha forse saputo dire, si è probabilmente troppo affidata ai consiglio di chi conosce bene Bruxelles e forse ha interessi diversi da quelli di consolidare una maggioranza europeista attorno a questa candidata.
Per questo il suoi discorso di domattina è fondamentale. Non sarà, non potrà essere un discorso formale, retorico, magari anche “bello”, ma dovrà essere un discorso davvero programmatico, nel quale von der Leyen dovrà scegliere quali voti cercare, dovrà scegliere da che parte stare, con chiarezza, con forza. E non abbiamo dubbi che se lo farà la parte che sceglierà sarà quella più sanamente europeista. I voti dei verdi, la grande novità di queste elezioni, sembrano purtroppo persi, sarebbe stata bella una maggioranza istituzionale che tenesse insieme tutte le forze europeiste. Ma forse non è detto che tutti quei voti siano irrecuperabili, forse la candidata può riuscire, battendo sul fronte della democratizzazione dell’Unione, della lotta al cambiamento climatico, dell’occupazione, a convincere anche qualcuno di loro a votarla.
E se il discorso della candidata sarà convincente, se gli impegni saranno accettabili, i partiti europeisti devono dare dimostrazione di saper superare fratture che spesso sono solo interne alle singole forze politiche (in particolare proprio nel Partito popolare, che tante responsabilità porta in questa situazione difficile proprio per un suo delirio di onnipotenza e autoreferenzialità che lo portò a scegliere un candidato chiaramente inconsistente).
Von der Leyen un gesto lo ha già fatto, ha rifiutato di incontrare prima del voto Marco Zanni, il leader del gruppo Identità e democrazia, quello dei sovranisti. E’ un messaggio chiaro, vuol dire “non cerco i vostri voti”.
Ora sta a lei saper scegliere e ai gruppi politici capire che la vittoria del 26 maggio nelle urne andrebbe in frantumi se le forze europeiste non fossero largamente sufficienti a sé stesse.