L’elezione di Sassoli alla presidenza del Parlamento europeo, unitamente alla sconfitta giuridica della linea politica Salvini sulla vicenda Sea Watch 3, hanno reso manifesta l’inconsistenza dell’azione del Governo italiano in Europa, l’assenza di peso reale delle componenti sovraniste e antieuropee nelle istituzioni comunitarie, la capacità della democrazia europea di reagire alle spinte disgreganti di un movimentismo senza una storia (per scelta soggettiva, non per fatto oggettivo) e senza una visione di lungo periodo (per incapacità soggettiva, non per conseguenze oggettive).
Se, quindi, i campioni dell’antipolitica marcano un nulla di fatto, lasciamo a loro e alle loro capacità di trovare il problema e la soluzione: certo, visto come il M5S pare annichilito e immobilizzato dopo il risultato delle europee, qualche dubbio su queste capacità è lecito nutrirlo. Poniamo, invece, attenzione all’altra parte, partendo proprio dall’incarico di Sassoli, eletto nelle liste di un PD che, in Italia, sembra essere – ed è – un partito in fortissima crisi, avviato verso un inesorabile declino, aggredito a furor di popolo sui Social che riversano su di esso e sui suoi uomini e donne più rappresentativi, invettive e accuse tremende; inaspettatamente, ce lo ritroviamo al vertice istituzionale della massima assise d’Europa.
Proprio sui Social gli esponenti dell’antipolitica hanno costruito, a beneficio dei loro fans, una realtà verosimile ma, non essendo propriamente vera, di fatto sostanzialmente falsa: inutile ripetere qui tutte le bufale che sono girate, tese a costruire un clima di paura (invasione dei migranti), di insicurezza (delinquenza e legittima difesa), di sfiducia (tutti rubano). In cui alcuni problemi fondamentali, italiani e non solo, vengono dimenticati: criminalità organizzata, diritto all’istruzione, sanità, etc. Tutte cose che, come detto, alimentano falsi convincimenti in coloro che, poi, si affidano e affidano il loro voto a questi movimenti o a questi leader.
Ma dobbiamo capire che questo meccanismo agisce anche, in senso negativo, sull’altro fronte: coloro i quali non vedono nell’antipolitica, nel populismo, nella logica del muro contro muro, la soluzione delle proprie esigenze, delle proprie scelte politiche e sociali, sono anch’essi viziati, nel loro giudizi, dagli stessi meccanismi, dalle stesse bufale, dalle medesime verosimiglianze che li convincono di essere divenuti, ormai, un’esigua minoranza, accerchiata da orde barbariche, costretta sulla difensiva e, forse, destinata alla sconfitta.
Per costoro l’elezione di Sassoli, come l’espressione libera della magistratura agrigentina, rappresentano delle vere e proprie sorprese. Esse sono, invece, delle verità evidenti, incontrastabili, in grado di smentire quelle verosimiglianze fasulle, ricostruendo la realtà per com’è e non per come alcuni vorrebbero che fosse. La situazione è probabilmente rovesciata: è uno sparuto gruppo di minoranza che, con le “armi non convenzionali” del populismo via Social, tenta l’assalto alla roccaforte della democrazia, della politica responsabile e realista. È evidente la tattica di questi populismi, sovranismi e dei loro leader: come gli indiani nei film western, attaccano fronde ai loro cavalli per sollevare molta polvere e lasciar intendere di essere ben più di quanti siano, di avere in pugno una vittoria invece ben lontana o forse impossibile.
L’elezione del PD Sassoli è la riprova che siamo ancora in tanti a non aver sposato nazionalismi, xenofobie, signoraggi della moneta e altre residualità della neopolitica: non lasciamoci prendere da una sensazione di sconfitta che non è nemmeno pensabile. La crisi della politica storica, sia essa della destra liberale come della sinistra riformista, c’è ed è innegabile ma la gente, le masse, non si sono trasformate in una folla brutale e disumanizzata: è ancora tanta la gente che vuole ragionare, dialogare, che agisce secondo tolleranza e rispetto, che vuole un avversario con cui discutere perché ben conosce cosa accade quando non si hanno avversari, quando manca l’opposizione.
La politica risolva le sue contraddizioni, pescando dalla storia di questo continente e torni a coagulare le donne e gli uomini d’Europa su di un disegno di ampio respiro. La gente è pronta, è lì; i valori non sono morti; i numeri ci stanno.
Come si diceva: pessimismo della ragione, ottimismo della volontà: in fondo, basta volerlo.