dall’inviato
Strasburgo – Promette di essere il presidente di tutti i cittadini, perché c’è un disperato bisogno di Europa a cui occorre rispondere. Promette di “tenere le porte aperte” a tutti, perché, domanda e si domanda, “come si può essere un Parlamento dei cittadini se non si ascolta la società civile?”. David Sassoli vuole rilanciare l’istituzione comunitaria direttamente eletta, la sola dell’UE, e vuole farlo per curare lo spirito anti-europeo che attanaglia il progetto comune. “Dobbiamo avere la forza di rilanciare il nostro processo di integrazione”, soprattutto in un momento in cui la coesione non sembra essere il piatto forte dell’Europa.
Il Consiglio ha avuto non poche difficoltà a trovare una quadra sulle nomine delle più alte cariche. Un esito che non è piaciuto, e non continua a non piacere. “La discussione di ieri ha suscitato discussioni in tutti i partiti”, riconosce Sassoli, il cui compito è adesso quello di favorire il terreno all’elezione di Ursula von der Leyen (che riceverà oggi alle 17.30 a Strasburgo) a capo dell’esecutivo comunitario. “Io posso fare in modo che la discussione avvenga secondo le regole, e mettendo i gruppi nella posizione di esprimere le loro valutazioni”.
La nuova legislatura si apre con più divisioni e incertezze. Sassoli ammette che “quando ieri è stata proposta la mia candidatura sono rimasto sorpreso”. Vuol dire che non c’era alcuna pre-intesa, che in Parlamento qualcosa è andato oltre le logiche dei negoziati dei capi di Stato e di governo. “Ho tenuto a dire a tutti che io non sono un uomo del consiglio, sono un uomo del Parlamento”. Una sottolineatura che marca le distanze tra i due organi co-legislativi dell’UE.
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Alla fine il Partito democratico può esultare, e con lui Sassoli. Il 63enne fiorentino è il nuovo presidente del Parlamento europeo. E’ la prima volta nella storia dell’istituzione che un italiano della famiglia socialista europea ricopre questo ruolo. Per i prossimi due anni e mezzo sarà lui a guidare i lavori dell’Eurocamera, che ha tributato un lungo applauso al nuovo presidente e a quello uscente, Antonio Tajani.
Era dagli anni Cinquanta che due italiani non si avvicendavano alla testa del Parlamento europeo, da quando Giuseppe Pella successe nel 1954 ad Alcide De Gasperi. Sassoli è stato eletto al secondo turno, con 345 voti. La prima sessione di voto, che l’esponente del PD ha perso per sette preferenze, aveva fornito chiare indicazioni sulla convergenza dell’Aula sul nome dell’italiano. Non è andata in porto perché, rivelano fonti parlamentari, non si voleva dimostrare fin da subito che l’accordo politico era già sul tavolo.
Al secondo turno di voto, il verdetto dell’urna ha confermato l’intesa tra i gruppi parlamentari. Sassoli non ha sfondato. Insieme popolari (PPE), socialdemocratici (S&D) e liberali (RE), hanno 443 seggi, e dunque l’italiano ha perso per strada un centinaio di voti. Non pochi. Ma ne ha ottenuti 11 in più del necessario per sedere sullo scranno più alto del Parlamento europeo. Il centinaio di voti mancanti è probabilmente da attribuire a quei deputati della maggioranza che non sono soddisfatti del metodo con il quale è stata scelta la candidata alla Commissione europea e il pacchetto di altri nomi. Non sarebbe mai stato il presidente eletto da tutti i 751 deputati europei, e questo era chiaro, ma non è riuscito a esserlo per tutti quelli che teoricamente avrebbero dovuto votarlo. Non proprio un bel segnale. Lui passa oltre.
“Siamo immersi in trasformazioni epocali: disoccupazione giovanile, migrazioni, cambiamenti climatici, rivoluzione digitale, nuovi equilibri mondiali, solo per citarne alcuni”. Per questo, “al termine di una intensa campagna elettorale, ha inizio una legislatura che gli avvenimenti caricano di grande responsabilità perché nessuno può accontentarsi di conservare l’esistente”. Bisogna migliorare il tessuto economico e sociale.
Sassoli invoca la riforma del regolamento di Dublino, il quadro normativo che regola il sistema di asilo comune. “Chi arriva a Cipro, Malta, Grecia, Italia, arriva in Europa. Questo ha detto il Parlamento, e ritengo che il consiglio abbia il dovere morale di discutere”. Un riferimento alla proposta di modifica delle regole che gli Stati membri hanno ignorato, preferendo chiusura delle frontiere e sospensione delle regole di Schengen sulla libera circolazione, e compensazioni in denaro per chi si fa carico dei richiedenti asilo. “Occorre modificare Dublino per sostenere la necessità che gli Stati collaborino di più”. Non sarà facile, però bisogna provarci. “dobbiamo avere un’Europa che si attrezzi, ma per farlo abbiamo bisogno che i governi trasferiscano poteri all’Europa”.
Sfida gli Stati membri a lui più vicini quando, parlando sempre di immigrazione, tocca la questione delle organizzazioni non governative. “Il dialogo tra il Parlamento europeo e le ONG è costante. Le porte del Parlamento sono aperte, e le apriremo ancora di più”. Un messaggio in contrapposizione con quelli che arrivano dai suoi connazionali, da Roma, dove partono ordini di chiusura dei porti, confisca di navi, e fermo di loro capitane.
Sassoli invoca equità, protezione sociale, unità. Ricorda che “se vogliamo gestire questi dobbiamo recuperare lo slancio pionieristico dei Padri Fondatori, che seppero mettere da parte le ostilità della guerra, porre fine ai guasti del nazionalismo dandoci un progetto capace di coniugare pace, democrazia, diritti, sviluppo e uguaglianza”.
L’Europa non è un caso. “Non siamo un incidente della Storia, ma i figli e i nipoti di coloro che sono riusciti a trovare l’antidoto a quella degenerazione nazionalista che ha avvelenato la nostra storia”. Avverte e ricorda che “il nazionalismo che diventa ideologia e idolatria produce virus che stimolano istinti di superiorità e producono conflitti distruttivi”. Per questo insiste sulla necessità di confronto, “anche di critica”, purché funzionale allo stesso scopo. “Abbiamo bisogno di più dibattito per aumentare il quoziente di democrazia. Abbiamo bisogno di dibattito per trovare le soluzioni”. Quello che intende fare Sassoli, deciso a essere il presidenti di tutti.