Bruxelles – Si punta sulle donne, sui popolari e liberali, sull’asse Francia -Germania. Accordo fatto al Consiglio europeo, il presidente uscente Donald Tusk comunica, via twitter, che si è scelto di proporre al Parlamento per la presidenza della Commissione europea la ministra della Difesa tedesca Ursula von der Leyen (PPE). I leader hanno poi eletto presidente del Consiglio il premier belga uscente Charles Michel (Liberale), candidato come Alto rappresentante per la Politica Estera il ministro degli Esteri spagnolo Joseph Borrell (PSE), e hanno indicato come presidente della Banca centrale europea la francese del PPE Christine Lagarde. Ci saranno poi due “primi vicepresidenti” della Commissione: l’olandese Frans Timmermans e la danese Margrete Vestager e un posto, è stato offerto anche ad un candidato italiano, che ancora va individuato.
European Council appoints new EU leaders https://t.co/PfFWNrJ6kD#EUCO pic.twitter.com/cgqlLv90hs
— EU Council Press (@EUCouncilPress) July 2, 2019
Due donne, per i posti più influenti, e due uomini. Il voto è stato all’unanimità, con l’astensione del governo tedesco su von der Leyen, perché in base all’accordo di coalizione la Germania sostiene il sistema dello spitzenkndidat, ma c’era in sostanza accordo sul nome scelto sia da parte dei popolari sia dei socialdemocratici.
L’Italia, “ha avuto parte attiva”, ha garantito il premier Giuseppe Conte, il quale ha annunciato che il commissario italiano, del quale ancora non si conosce né nome né portafoglio, sarà anche uno dei vice presidenti della Commissione.
Le due posizioni più prestigiose, di maggior potere, vanno a due donne dunque, e questa è una grande novità, è una prima assoluta per ognuna delle due posizioni.
E’ una buona squadra. Von der Leyen è una donna che non ha lavorato molto a Bruxelles, ma è molto forte e determinata, è la prima che è riuscita a far aumentare i budget della Difesa in Germania (cosa particolarmente complessa), ha sette figli e un dottorato, il che aiuta a capirne la personalità. Michel non è un personaggio noto, ma è stato per quattro anni premier di un Paese complicato come il Belgio, è uno che sa come arrivare a un compromesso tra partner litigiosi. Borrell gode di grande stima e Lagarde ha un curriculum di enorme prestigio.
Il segno di questa tornata di nomine è però quello di Francia e Germania, di liberali e popolari. Si prendono le poltrone più importanti, con la vittoria dei popolari su tutti (e di Merkel che piazza una sua delfina a Bruxelles), con i socialisti che riescono ad avere ben poco, e un Emmanuel Macron che invece ottiene molto: una francese alla Banca centrale, un liberale belga, un amico suo e della Francia, al Consiglio. Di meglio non poteva sperare.
Al Parlamento le cose non sono invece chiare. I governi, come ha detto Tusk, riconoscono l’indipendenza dei deputati, ma il loro “semplice punto di vista”, ha detto, è che la legislatura sia divisa tra “prima un presidente del PSE e poi uno del PPE”. E se la casella sarà socialista allora c’è un italiano scelto dal PSE sul quale si dovrebbe trovare il consenso della maggioranza a tre: David Sassoli, PSE, vice presidente uscente.
Questo accordo però cancella con il sistema dello spitzenkandidat anche la nuova alleanza a quattro tra popolari, socialisti, liberali e verdi, con questi ultimi tagliati fori da tutto. E dunque il percorso, in particolare per von der Leyen sarà difficile. Per diventare presidente della Commissione è necessario un voto di approvazione del Parlamento, che probabilmente arriverà, ma che sarà dilaniante, perché i Verdi hanno già fatto sapere che non se ne parla neanche di avere la loro fiducia. Non la voteranno perché von der Leyen è stata scelta al di fuori di ogni percorso di Spitzenkandidat, è stata letteralmente “imposta” dai governi.
Per gli stessi motivi questa scelta non è piaciuta neanche a tanti deputati del Partito popolare europeo, che ieri sera hanno duramente contestato il nome della candidata, pur avendo tirato un respiro di sollievo perché il PPE alla fine si è preso la presidenza della Commissione, che sembrava essergli sfuggita quando il candidato era il socialista Frans Timmermans. Anche i socialisti a Strasburgo sono arrabbiati, il loro partito ha preso poco, quasi niente: dei vari posti in ballo quello di Alto rappresentante e quello, forse, di presidente del Parlamento (per due anni e mezzo, perché la legislatura è divisa in due) sono quelli che contano di meno in assoluto.