Bruxelles – L’ultima trattativa è stata con il gruppo della sinistra del GUE, ma anche questo tentativo è andato a vuoto. Da oggi i 14 deputati del Movimento 5 Stelle del Parlamento europeo fanno parte del gruppo dei “non iscritti”. Pure l’ultima ancora di salvataggio, il porto franco del gruppo di Nigel Farage della precedente legislatura, è sfumato perché il gruppo si è dissolto. Lo stesso leader del Brexit party ha dovuto cedere e chiedere l’adesione al gruppo di coloro che non fanno parte di nessuna famiglia politica.
Per il M5S che nella precedente legislatura ha espresso un vicepresidente, Fabio Massimo Castaldo, ed una apprezzata vice presidente di commissione Giustizia, Laura Ferrara, è un grosso smacco. Anche perché avevano cercato con ampio anticipo e al massimo livello, ancor prima delle elezioni, di dialogare con le delegazioni nazionali per formare un gruppo tutto nuovo con il criterio stringente dei 25 iscritti di almeno sette Paesi membri. Ma le elezioni sono andate male per quasi tutti, eccetto per i croati di Zivi Zid che però hanno conquistato solo un seggio e dunque le chance per i penta-stellati a Bruxelles si sono ridotte al lumicino.
Porte chiuse dai liberali, dai verdi (con i quali c’erano le migliori affinità, almeno sui contenuti e sulle convergenze di voto nella passata legislatura) il Movimento pur offrendo una dote importante a Strasburgo, sconta il sodalizio in Italia con la Lega di Matteo Salvini, un paletto invalicabile per molte famiglie politiche che mantengono principi saldi sulla loro collocazione. Un punto su cui il leader dei Green Philippe Lambert è stato piuttosto chiaro.
Il fallimento dell’ultima trattativa è ancora da ricercare nella ‘macchia leghista’. Se per la delegazione tedesca della Die Linke un dialogo si poteva costruire su alcuni temi concreti, a far saltare il banco sono arrivati i veti dei portoghesi e dei ciprioti. “Mai nessun dialogo” invece con i conservatori e riformisti, notizia che in realtà era circolata solo in Italia, attribuendole un improbabile veto del partito di Giorgia Meloni.
Nessuna adesione dunque, come comunicato agli uffici del nuovo Parlamento, e ora non resta che il limbo dei non iscritti. Cominciare la legislatura senza “agibilità politica” o comunque a marce ridotte non è quello che i Cinquestelle speravano.
Nessuna iscrizione significa l’irrilevanza e non solo perché si trovano fuori dalla futura maggioranza ma anche perché non potranno concorrere alle cariche istituzionali e politiche, restando ai margini di ogni percorso legislativo e di assegnazione dei tempi di intervento. Limitato anche l’accesso ai finanziamenti dell’Europarlamento, un aspetto di non secondaria importanza, a cui invece si può attingere se ci si iscrive a uno dei gruppi politici. “Non ci vendiamo l’anima al diavolo per qualche poltrona o per i fondi” affermano dal gruppo, preferendo i non iscritti, “speriamo solo temporaneamente”. Chissà che nei prossimi mesi non cambi qualcosa magari nell’esecutivo italiano, che li liberi dalla gabbia dell’alleato impresentabile.