Bruxelles – Mandare forzosamente in pensione i giudici della Corte suprema non è possibile, a meno di ledere principi e regole dell’Unione europea. La Corte di giustizia dell’UE condanna la Polonia e la politica del partito di governo, Diritto e giustizia (PiS), che ha messo mano in modo ‘eccessivo’ alla riforma della giustizia. Secondo i giudici di Lussemburgo “l’applicazione della misura di abbassamento dell’età per il pensionamento dei giudici della Corte suprema ai giudici in carica non è giustificata da una finalità legittima e lede il principio di inamovibilità dei giudici intrinsecamente connesso alla loro indipendenza”.
Il pronunciamento della Corte UE riaccende lo scontro tra l’esecutivo polacco e quello comunitario. La Commissione europea ha deciso lo scorso settembre di deferire lo Stato membro per il progetto di legge, entrato in vigore il 3 aprile 2018, sulla Corte suprema. Secondo la nuova normativa l’età pensionabile dei suoi giudici è stata abbassata a 65 anni. Per avere una proroga i magistrati devono fare domanda, presentare un certificato medico di buona salute, e soprattutto avere il permesso del presidente della Repubblica.
Nello specifico, i giudici della Corte suprema polacca in carica che avevano raggiunto l’età di 65 anni prima della data di entrata in vigore della riforma o, al più tardi, il 3 luglio 2018, dovevano andare in pensione il 4 luglio 2018, a meno che avessero presentato, prima del 3 maggio 2018 incluso, la dichiarazione e il certificato summenzionati e sempre che il presidente della Repubblica di Polonia avesse accordato loro l’autorizzazione di proroga delle loro funzioni presso la Corte suprema.
Per la Commissione una tale novità rappresenta una violazione del principio della separazione dei poteri, e un attacco allo stato di diritto e alla democrazia nei suoi fondamenti. Un’interpretazione condivisa dalla dalla Corte di giustizia dell’UE. Con la nuova legge, la proroga del mandato “è ormai subordinata a una decisione del presidente della Repubblica che ha carattere discrezionale, poiché la sua adozione non è delimitata, in quanto tale, da alcun criterio oggettivo e verificabile e non deve essere motivata”.
Commentando in una nota la sentenza di oggi l’esecutivo UE esprime la sua soddisfazione: “Questa è una sentenza importante a sostegno dell’indipendenza della magistratura in Polonia e oltre. È anche un apprezzato chiarimento dei principi di irremovibilità e indipendenza dei giudici, che sono elementi essenziali di una tutela giudiziaria efficace nell’Unione europea”.
Secondo Bruxelles “la sentenza chiarisce anche che, sebbene l’organizzazione della giustizia negli Stati membri rientri nell’ambito delle competenze nazionali, nell’esercizio di tale competenza gli Stati sono tenuti a rispettare gli obblighi previsti dal diritto dell’Unione. Ogni tribunale nazionale è anche un tribunale europeo quando applica il diritto dell’UE. Gli Stati membri devono quindi garantire un’efficace tutela giurisdizionale per le persone nei settori disciplinati dal diritto dell’UE”.