Bruxelles – Secondo alcuni dati provvisori dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, le emissioni di Co2 dai veicoli immatricolati nel 2018 nell’Unione europea e in Islanda sono aumentate. Un innalzamento registrato già con i veicoli venduti nel 2017 e che per la prima volta vede aumentare anche quelle provenienti dai furgoni.
Dopo un declino continuo dal 2010 al 2016 pari a circa 22 grammi di anidride carbonica per kilometro (g Co2/Km) nel 2017 l’aumento è stato pari a 0.4 g Co2/Km e di 2 grammi nel 2018 raggiungendo una media di 120.4 g Co2/Km. Per i furgoni, nel 2018 le emissioni sono state 158,1 g Co2/km, ovvero 2 grammi in più rispetto al 2017.
I dati avvertono dunque sull’ancora inconsistenza dei lavori dell’UE per promuovere mezzi di trasporto più puliti entro il 2021, con l’obiettivo di raggiungere entro quell’anno i 95 grammi di Co2 per kilometro. È necessario infatti un dispiegamento di autovetture a basse emissioni più veloce dal momento che uno dei fattori che ha portato all’innalzamento dei valori è stata la crescente quota di auto a benzina immatricolate, soprattutto di SUV (circa 1 su 3 delle 4,5 milioni di auto vendute). Inoltre, la penetrazione nel mercato di veicoli a zero o basse emissioni rimane marginale, con la quota combinata di auto ibride elettriche e a batteria che tocca le 150 mila registrazioni (il 2% del totale delle vendite delle macchine, con Islanda, Svezia e Paesi Bassi che fanno registrare i livelli più alti su base nazionale uguali rispettivamente al 15%, 8,4% e 6,8%).
Anche per i furgoni nel 2018, tra le cause che hanno influenzato la crescita troviamo in primis un aumento della nella cilindrata e nelle dimensioni dei veicoli, con i diesel che continuano a costituire ancora la stragrande maggioranza della flotta di nuovi furgoni (il 94,7% nel 2018). Mentre la quota di veicoli a emissioni zero e a basse emissioni è rimasta allo stesso livello (1,7%) rispetto al 2017. Pertanto sono necessari ulteriori miglioramenti anche in questo settore se si vuole raggiungere l’obiettivo UE di 147 g di CO2/km fissato per il 2020.
A determinare, in parte, l’innalzamento nei valori delle emissioni rientrano anche le nuove procedure richieste dall’Unione europea alle case automobilistiche per il controllo delle emissioni dei veicoli da loro commerciati. In seguito al caso “Dieselgate” che vide il gruppo Volkswagen essere accusato di manipolare le centraline delle loro auto per far risultare emissioni di Co2 più basse, l’UE aveva deciso di adoperare nuovi strumenti più rigidi per il calcolo dei gas serra prodotti dai veicoli registrati in Europa. Questo si è tradotto nel passaggio dal sistema New European Driving Cycle (NEDC) al Worldwide Harmonized Light Vehicle Test Procedure (WLTP), che consente di ottenere informazioni più realistiche sulle emissioni dei veicoli nelle prove di omologazione. A prova ne abbiamo i test del 2018 effettuati su 4,4 milioni di macchine con entrambi i metodi. Per questi veicoli, il fattore di emissione WLTP era in media superiore del 20% rispetto al fattore di emissione NEDC.