Roma – Di prima mattina il presidente del Consiglio Conte ha tenuto un vertice di governo con Di Maio, Salvini e Tria per concordare la linea da tenere a Bruxelles sulla procedura per debito eccessivo. Fatti dieci passi si è presentato in aula per il dibattito sul Consiglio Europeo di domani e dopo, ma all’argomento dei nostri conti in bilico ha dedicato solo poche righe alla fine.
“Siamo determinati a evitare la procedura, tuttavia rivendichiamo la nostra politica economica e siamo convinti dei nostri dati. Avvieremo un dialogo costruttivo con la Commissione e con i miei omologhi a cui diremo che l’Italia intende rispettare le regole europee, ma ci facciamo anche portatori di una riflessione incisiva su come adeguare le regole stesse per affrontare crisi finanziarie sistemiche e globali e assicurare un effettivo equilibrio tra stabilità e crescita”.
Più che numeri e obiettivi, riforme per avviarci verso il rientro nella regola del debito e convincere Bruxelles a non avviare la temuta procedura, Conte ha fornito solo una dichiarazione programmatica, l’idea di un Europa che vorrebbe, senza neppure citare con quali alleati intende accompagnarsi.
Difficile non scorgere un’immagine d’isolamento con cui si presenta l’Italia al cospetto del UE in un momento delicatissimo. La scaletta del Consiglio infatti tocca temi cruciali, dalle nomine istituzionali all’agenda strategica 2019-2024, dal prossimo quadro finanziario pluriennale dell’UE agli impegni sul clima e i target ambientali fissati al 2030.
Conte tocca l’orgoglio del “Paese fondatore”, del quinto contributore netto che arrivando alla trattativa sulla composizione della futura commissione, “auspica per sé un portafoglio economico di prima linea”. Le indiscrezioni raccolte a Palazzo Chigi indicano in Giancarlo Giorgetti la scelta più accreditata ma sul portafoglio da assegnargli la trattativa sarà molto ardua anche perché la maggioranza dell’esecutivo europeo di domani sarà più larga ma è assai probabile che i partiti all’opposizione non saranno certo favoriti nei ruoli chiave.
Nel suo intervento, molto criticato dalle opposizioni, Conte non ha citato la BCE né Mario Draghi, proprio nelle ore in cui è aspro il confronto con gli Usa e Donald Trump per le ultime mosse di politica monetaria annunciate da Francoforte. “Neppure una parola a sua difesa, siete quelli dei ‘prima gli italiani’ – attacca Lia Quartapelle del Pd – ma quando uno difende l’Europa, uno che in questi anni ha fatto il suo dovere e ha tutelato anche gli interessi dell’Italia voi con chi state”?
Governo “in totale confusione” anche per l’opposizione di Forza Italia con Deborah Bergamini che imputa al premier e all’esecutivo di “non dire nulla” sulla visione, sull’isolamento in cui si trova il Paese, “emarginato, destinato a restare in panchina e che si presenta a Bruxelles senza neanche un ministro degli Affari europei”.
Al termine del dibattito passa la risoluzione presentata congiuntamente da Lega e Movimento 5 Stelle (287 a favore, 188 contrari e 33 astenuti), che nei loro interventi (Molinari e D’Uva) avevano chiesto al premier più coraggio nel “rifiutare i diktat di austerity” imposti dall’UE, di pretendere di cambiare le regole del patto di stabilità e respingere la riforma del fondo salvastati. Governo che naturalmente non poteva dare l’assenso a un mandato così duro, proprio nella fase cruciale della spada di Damocle della procedura per deficit eccessivo. Perciò è stata necessaria una riformulazione più morbida per ottenere la maggioranza del Parlamento.