Bruxelles – Qualcosa sembra muoversi, sia pur a piccoli passi. Nell’intricata partita politica sul rinnovo delle più alte cariche comunitarie i punti interrogativi continuano a rappresentare la parte principale di un tabellone le cui caselle sono ancora tutte da riempire. I leader dell’UE ancora non hanno mostrato le carte in tavola, e c’è da credere che attenderanno fino all’ultimo minuto prima di scoprirle. Laddove per ultimo minuto potrebbe intendersi anche un incontro supplementare.
Nelle tante voci che si rincorrono in questi giorni c’è anche quella di un vertice straordinario. I capi di Stato e di governo degli Stati membri dell’Ue si ritroveranno a Bruxelles questa settimana per cercare di definire chi guiderà Commissione e Parlamento UE, oltre ai posti in scadenza dei presidenti di Consiglio europeo (30 novembre) e di Banca centrale europea (31 ottobre). Tutte nomine collegate tra loro, e per le quali la quadra non è stata trovata.
Per la nomina della Commissione i popolari europei (PPE) cercano di tenere viva la candidatura di Manfred Weber, il tedesco fresco di ri-elezione alla guida del gruppo parlamentare. Attorno a Weber non sembra però esserci un consenso, e per il popolari l’unico modo per cercare di reclamare un posto per l’esecutivo comunitario sembra essere quello di sacrificare il candidato designato (o ‘Spitzenkandidat’), Weber per l’appunto.
Del resto è la prima volta nella storia dell’UE che le sorti dell’Unione dipendono da quattro forze politiche. Cristiano-democratici, socialdemocratici, verdi e liberali: l’alleanza sancita dovrebbe produrre domani il programma di lavoro per la legislatura al via il 2 luglio, giorno della prima seduta del nuovo Parlamento europeo. E’ più difficile per il PPE difendere il candidato di punta, destinato a non spuntarla.
Al di là dei nomi sembra prendere corpo l’ipotesi di un accordo che preveda, in cambio di un presidente della Commissione a guida PPE, la presidenza del Parlamento a guida verde. Ska Keller in tal senso è il nome più indicato. E’ giovane, è donna, rappresenta un’ondata di cambiamento vero. In questo intricato valzer delle poltrone non è escluso però che possa entrare Rinnovare l’Europa (RE), il gruppo dei liberali che da poco ha cambiato nome abbandonando la vecchia dicitura ‘ALDE’. Guy Verhofstadt è un altro nome in lizza per lo scranno più alto dell’Eurocamera, e non è escluso che si possa avere un’alternanza alla presidenza: metà legislatura ai verdi, metà legislatura ai liberali, per due anni e mezzo ciascuno. Non sarebbe la prima volta. Già in passato popolari e socialdemocratici hanno inter-scambiato la presidenza.
Se i nomi per il Parlamento circolano con una certa insistenza, restano le incognite per il presidente della Commissione e del Consiglio. Il presidente francese Emmanuel Macron sta spingendo per avere la cancelliera tedesca Angela Merkel a Bruxelles. ‘Frau’ Merkel per il momento nicchia: lasciare Berlino rischierebbe l’implosione del governo, con le incognite del caso.
Anche perché su Merkel pesa l’incognita del ruolo. Macron la vedrebbe bene in Consiglio europeo, a coordinare i lavori degli Stati membri. La presidenza del Consiglio ad un esponente PPE potrebbe aprire la strada alla Commissione per i liberali. Margrethe Vestager, la danese a capo dell’Antitrust comunitario, è un nome ricorrente, e del resto è tra i candidati di RE. Ma avere due donne, forse tre se si considera l’ipotesi verde per la testa del Parlamento europeo, potrebbe essere un’idea tanto avvincente quanto poco probabile.
Allora in attesa di smentite ufficiali resta in piedi l’ipotesi di Michel Barnier, francese, Ppe, che potrebbe mettere tutti d’accordo, visto che è una figura gradita a tutti in seno al Consiglio. I popolari, immaginando Merkel e Barnier, avrebbero due presidenza su quattro. La Francia avrebbe un francese alla guida dell’esecutivo comunitario e Macron potrà giovarsi dell’uscita di scena di Merkel per rendere il motore franco-tedesco d’Europa a maggiore trazione francese. Cosa dare però ai socialdemocratici, secondo gruppo in Parlamento? Il tandem Verdi-liberali in Parlamento europeo potrebbe venir meno, in caso di un’offerta di un commissario ‘di peso’. A quel punto Frans Timmermans (socialista, olandese) potrebbe reclamare la presidenza del Parlamento, e i verdi ottenere un portafoglio importante, verosimilmente l’Alto rappresentante.
Il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha invitato i capi di Stato e di governo a presentarsi a Bruxelles con un ‘piano B’, perché si prevede una discussione tutt’altro che agevole. Questo implica la disponibilità ad accantonare i candidati designati e trovare nomi alternativi in grado di creare consensi. Cosa, questa, finora risultata non facile. Tanto che l’ipotesi di un vertice straordinario non è esclusa, anche perchè non sarebbe la prima volta che questo esercizio richiedesse più tempo del previsto.
Con i leader europei del G7 e i presidenti di Commissione e Consiglio impegnati nella riunione di Osaka il 28 e 29 giugno, un eventuale summit si dovrebbe tenere o prima o dopo questa data. Ecco che 26 giugno e 30 giugno sembrano essere state cerchiate sul calendario comunitario. E’ in questo contesto che potrebbe venire giocata la carta Dalia Grybauskaite, presidente della Lituania, indipendente, e per questo capace di mettere d’accordo i vari ‘litiganti’. E’ stimata, a capo di un Paese fortemente europeista, ha esperienza di Europa. Un curriculum non da poco.
Il 2 luglio il Parlamento europeo si riunirà a Strasburgo per eleggere i vertici del Parlamento. I leader dovranno trovare la quadra entro quella data, se vogliono evitare che i parlamentari eleggano in autonomia il presidente. Tutto deve essere deciso prima.