Bruxelles – I grandi paesi europei faticano a porsi come apripista della corsa alla digitalizzazione in Europa così come nel mondo, con l’Italia che si pone tra le ultime all’interno dell’Unione. Peggiori solamente Polonia, Grecia, Romania e Bulgaria, mentre tra i membri ai primi posti troviamo Finlandia, Svezia, Paesi Bassi e Danimarca. A dare la notizia è stata la Commissione europea nel suo rapporto annuale “Digital Economy and Society Index” (DESI) che vede l’Italia sotto la media UE in praticamente tutti i campi presi in considerazione. A partire dalla “Connettività”, una delle sezioni dove performiamo meglio ma in cui restiamo ancora al diciannovesimo posto, che fa registrare però dei minimi miglioramenti. Se infatti nel 2016 la copertura nel paese delle linee internet ad alta velocità (ossia una banda minima garantita di almeno 30 Mbps) era al 72%, nel 2018 siamo arrivati al 90%, con però una connessione “ultrafast” (100 Mbps garantiti) ancora insufficiente, ferma al 24%, che ci rende 27esimi nella classifica UE preceduti solo dalla Grecia. L’unico punto in cui l’Italia riesce a reggere la competizione con gli altri paesi è il grado di preparazione alle reti 5G, in cui ci posizioniamo secondi dopo la finlandia.
Per quanto riguarda il capitale umano, anche qui l’Italia non riesce a tenere il confronto rispetto alla domanda di lavoro. Siamo ultimi in Europa per il numero di studenti laureati nel settore informatico con circa l’1% del totale, senza contare che solo il 44% delle persone di età compresa tra i 16 ed i 74 anni ha delle competenze minime nel digitale contro il 57% della media UE. A risultare inconcludente è stato il programma Scuola Digitale voluto dal governo nel 2015, in cui solo il 20% degli insegnanti ha veramente seguito dei corsi di alfabetizzazione digitale, mentre al 2018 troviamo ancora come il 24% delle scuole non presenti dei corsi di programmazione all’interno della loro offerta d’insegnamento. Tutto questo fa da contorno ad una nazione in cui i suoi giovani tra i 16 ed i 24 anni risultano essere gli utilizzatori meno assidui di internet, con solo il 92% che si può considerare un fruitore regolare rispetto alla media europea del 97%.
Nella categoria “utilizzo dei servizzi internet” la situazione non cambia. Nel complesso, l’utilizzo dei servizi Internet rimane ben al di sotto della media dell’Unione. Il 19% delle persone che vivono in Italia non ha ancora mai usato internet, quasi il doppio rispetto all’11% del resto d’Europa. Le attività online più popolari sono l’ascolto o il download di musica, la visione di video e giochi, seguiti dall’uso dei social network e dalla lettura di notizie, sebbene questa attività si ponga ultima nell’UE.
Per quanto riguarda l’integrazione della tecnologia digitale da parte delle imprese, l’Italia è al 23° posto tra i paesi dell’UE, mantenendo la stessa posizione risultata nel rapporto del 2018, con alcuni progressi solo nell’uso del cloud (dal 12% delle imprese nel 2017 al 15% nel 2018) e nell’e-commerce (dal 6 all’8%), ma sempre in posizioni più basse rispetto ai rispettivi 18 e 10 per cento europei. Le imprese italiane rimangono incapaci di approfittare delle opportunità offerte dal commercio online. Solo il 10% delle piccole e medie imprese (PMI) vende online (ben al di sotto della media UE del 17%), e solo il 6% vende all’estero, con una media dell’8% del proprio fatturato proveniente dalle vendite online (10% a livello europeo). Il lato positivo è che è ancora in atto la strategia per l’industria 4.0 sostenuta dal governo, che cerca di alleviare le tasse a chiunque investi nella digitalizzazione della propria azienda.
Infine, i servizi pubblici digitali, dove l’Italia performa meglio (posizionandosi al 18esimo posto) grazie soprattutto all’open data ed ai servizi di e-health, ossia nella quantità di dati pubblici rintracciabili online e nell’uso efficiente e sicuro delle nuove tecnologie nei settori della sanità o comunque relativi alla salute. Tuttavia, vi è un basso livello di interazione online tra le autorità pubbliche ed i cittadini. Solo il 37% degli utenti internet italiani che deve inviare un modulo lo fa online rispetto al 64% del resto d’Europa, ad evidenziare l’ancora poca manovrabilità che i cittadini hanno nell’uso del web anche quando questa andrebbe a loro favore.
Un processo di digitalizzazione che necessita per un paese economicamente importante come l’Italia di una marcia in più, dal momento che come dice la Commissaria per l’economia digitale, Mariya Gabriel, “L’indice digitale dell’economia e della società di quest’anno dimostra che la velocità della trasformazione digitale deve accelerare affinché l’UE rimanga competitiva a livello mondiale”.