Roma – Nei giorni scorsi Nigel Farage aveva fatto capire più meno esplicitamente che un accordo con la Lega di Salvini era ormai tramontato. “Noi siamo un po’ più centristi” aveva replicato, anche se il leader del partito Brexit, con i suoi 29 seggi al Parlamento europeo sembra pensare a una scelta di tipo egemonica più che politica. Nel nuovo gruppo sovranista sarebbe più forte di quanto fosse nella formazione dell’Europa delle libertà e dei diritti con cui ha già condiviso la legislatura precedente.
Dunque il matrimonio con il Movimento 5 Stelle potrebbe esser rinnovato nonostante Farage continui a restare cauto con un “vedremo, vedremo”. “Abbiamo diverse opzioni in campo” replicano gli altri, anche se appare ormai chiaro che per il M5S non ci sono grandi alternative all’intesa d’interesse con il Brexit party. Trovata chiusa la porta dei Verdi, dei liberali, della sinistra di GUE, e la distanza con le altre tradizionali famiglie politiche europee, del PPE, dei socialisti e dei conservatori, il rischio di restare fuori dai giochi è elevatissimo.
Se l’accordo sembra vicino e potrebbe esserci nei prossimi giorni, potrebbe però non essere risolutivo. In primo luogo perché il nuovo gruppo soddisfa il criterio dei numeri ma non quello della rappresentanza con due soli paesi (Gran Bretagna e Italia) mentre secondo le regole ne servono altri cinque. Dall’Europa delle Libertà e della Democrazia Diretta sono uscite altre componenti tra cui i tedeschi di AFD che migrano verso la nuova formazione sovranista ispirata dal successo di Salvini.
Dunque sarà subito caccia agli ‘others’ i non iscritti, gli eurodeputati di quei partiti nazionali che per la prima volta approdano nell’Europarlamento. Anche questa soluzione però appare irta di ostacoli perché si dovrà tenere conto del voto di Strasburgo proprio alla fine della legislatura in cui è stata decisa un’interpretazione restrittiva per la formazione dei gruppi. Si tratta in pratica di uno stop alle formazioni arlecchino, per evitare i quali per mettersi insieme, si dovrà dichiarare e rispettare l’affinità politica con i compagni di viaggio. Una sintonia che i Cinquestelle dovranno manifestare proprio con il campione degli euroscettici, che ha messo Bruxelles nel mirino e che molto probabilmente fra qualche mese lascerà l’Eurocamera. Superare questi scogli per la delegazione del M5S non sarà facile ma la scelta appare ormai obbligata per non finire tra i paria dei ‘non iscritti” che a Strasburgo significa la condanna all’irrilevanza politica e soprattutto l’esclusione dai finanziamenti.