Bruxelles – Il fronte dei populisti e delle forze anti-europeiste non ha sfondato. Ha segnato passi avanti a livello nazionale in singoli Paesi, Italia compresa, ma nel complesso non ha travolto l’UE come aveva minacciato di fare prima di queste elezioni europee. Gli elettori hanno anzi premiato le forze europeiste nel loro complesso, che hanno una solida maggioranza numerica. Se questa può essere la buona notizia per l’Unione europea, la cattiva notizia è che si materializza lo scenario evocato in questi mesi da previsioni, sondaggi e analisi: bisognerà trovare un nuovo equilibrio di maggioranza.
I partiti tradizionali, secondo i dati provvisori del pomeriggio dopo le elezioni e per questo ben più attendibili di quelli preliminari, conservano le loro rispettive posizioni, con i popolari (PPE) e i socialdemocratici (S&D) primo gruppi parlamentari, ma con meno seggi rispetto alla passata legislatura e anche a quelle precedenti. Per il centrodestra europeo si prospettano 180 seggi (-36), per il centrosinistra 145 (-40).
Insieme Conservatori (ECR, dove siedono i polacchi di PiS), EFDD (il gruppo del Movimento 5 Stelle) e ENL (il gruppo della Lega e di Marine Le Pen) totalizzano 171 seggi, 16 in più a quelli occupati nella legislatura europea prossima al termine (30 giugno).
Il gruppo dei 5 Stelle, l’EFDD, deve la sua forza al partito per la Brexit. Il Regno Unito ha partecipato alle elezioni anche se all’inizio si pensava non dovesse a causa del divorzio con l’UE, ancora non avvenuto. Sono la Lega, primo partito in Italia, e il Rassemblement National, a guidare crescita del gruppo sovranista (una ventina di seggi in più).
Si tratta ancora di dati provvisori, ma molto meno rispetto a quelli prodotti immediatamente dopo il voto. Inoltre ci sono una trentina di seggi riservati a formazioni partitiche alla prima volta in Parlamento europeo, che non è chiaro dove si collocheranno. E’ lì che si cercherà di fare “campagna acquisti”, soprattutto da parte delle forze anti-europee. E poi ci sono i non-iscritti. Non molti, per la verità, ma in questo scenario imprevedibile chiunque può diventare decisivo.
Il capogruppo del PPE, e candidato alla guida dell’esecutivo comunitario dei suoi, Manfred Weber, ammette la debacle dei popolari, e si sforza di guardare il dato positivo delle elezioni. “Per il PPE non c’è aria di vittoria perché stiamo perdendo seggi, ma possiamo dire che siamo felici di essere il più grande gruppo del parlamento europeo”.
Al netto delle incertezze dell’immediato post-voto, si registra l’avanzata dei liberali risulta di non semplice analisi. Ci sono 39 seggi in più nelle fila dell’ALDE, dove vengono però conteggiati i seggi conquistati dal partito del presidente francese, Emmanuel Macron, La Republique en Marche, non presente in questa legislatura. La Francia da sola dovrebbe dare nuova linfa all’ALDE (prossima ad un cambio di denominazione) con 14 deputati europei in più. Altri 25 arrivano dal resto d’Europa.
L’onda verde registrata in tutta Europa lo scorso ottobre sembra aver perso di intensità, ma c’è stata. Le proiezioni dicono che dovrebbero essere una decina o poco più i seggi in più per i Greens, comunque proiettati verso la quarta posizione per dimensioni di gruppo nel prossimo Parlamento europeo, dopo PPE, S&D e ALDE. In Irlanda tornano ad essere eletti esponenti ‘green’ dopo il 1999.
Uno dei due candidati verdi alla presidenza della Commissione europea, Bas Eickhout sostiene che “coloro che hanno votato chiaramente chiedono un cambiamento, per una nuova Europa. Un Europa che lotta per il cambiamento climatico, che chiede per una transizione verde in modo sociale e giusto, e di lottare per sostenere le democrazie in tutti gli stati membri”.
Secondo il leader verde “ci saranno per la prima volta vere negoziazioni per il programma della Commissione europea e noi abbiamo incentrato la nostra intera campagna su: azioni per il clima, giustizia sociale e democrazia. Quindi questi tre temi saranno al tavolo delle negoziazioni dalla prospettiva dei verdi”.
I circa 180 seggi previsti per i popolari e i poco più di 150 previsti per il socialdemocratici non bastano per avere la maggioranza dell’eurocamera (376 seggi sui 751 in palio), questo implica che serviranno intese con liberali o verdi, o magari entrambe le formazioni per cercare alleanze. Margrethe Vestager, commissario uscente per la Concorrenza e tra i candidati dei liberali europei alla guida della prossima Commissione europea, si dice pronta a intavolare trattative. E’ un modo per candidarsi alla successione di Jean-Claude Juncker al Berlaymont. Tutto inizia adesso.
Il PPE è pronto a negoziare. Weber chiarisce che da parte dei popolari “non c’è nessuna possibilità di alcuna cooperazione tra il PPE e i partiti estremisti anti-europei, quindi con nessun partito che non crede nello spirito europeo”. Un concetto ribadito dal capogruppo dei socialdemocratici, Udo Bullmann.
La grande sorpresa arrivare dall’Italia, dove il Partito democratico si impone come seconda forza davanti al Movimento 5 Stelle. Un recupero che potrebbe valere al PD 18 eurodeputati, e la seconda delegazione nel gruppo S&D dopo quella spagnola. Mentre Forza Italia per la prima volta nella storia ottiene un consenso a una cifra sola, e una posizione di debolezza senza precedenti all’interno del PPE.