Bruxelles – Da uno studio condotto dal Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE) è uscito fuori come gli studenti italiani e rumeni siano gli unici nel campione da loro esaminato ad avere raramente o mai acquisito delle conoscenze sull’Unione Europea a scuola, a differenza dei giovani francesi, tedeschi e svedesi che, seppure in maniera superficiale, apprendono parte del loro sapere europeo anche in classe. Più in generale, vista la carenza di informazione scolastica, i ragazzi sono dunque più propensi ad apprendere sul tema tramite i canali social e ricerche sul web.
Lo scopo dell’indagine era quello di capire quale fossero le conoscenze, le percezioni e le aspettative degli studenti sull’UE, dividendoli in due campioni diversi e vedendo poi le differenze nelle loro risposte. Uno formato da 501 giovani provenienti dalle scuole nazionali, mentre il secondo gruppo comprendeva 95 studenti delle Scuole europee di Bruxelles nelle sezioni linguistiche corrispondenti agli stessi paesi presi in considerazione.
Tra i vari risultati è interessante notare come, per entrambi i gruppi, nonostante la curiosità da parte loro nel voler apprendere di più sul funzionamento delle istituzioni europee, condizione considerata necessaria per sentirsi più coinvolti nell’UE, gli sforzi da parte delle scuole vengano percepiti ancora come minimi. E nei pochi casi in cui gli istituti si impegnano ad insegnare qualcosa al riguardo, per gli studenti questo risulta essere poco dinamico e interattivo.
Di fatto lo studio ha mostrato come le nuove generazioni percepiscano in maniera prevalentemente positiva l’Unione europea, vista come qualcosa che reca loro beneficio a livello personale, ma le loro richieste di poter essere più coinvolti al suo interno non vengano ascoltate. Per rimediare, il CESE consiglia dunque di inserire nei curriculum scolastici lo studio obbligatorio o almeno fornire maggiori e migliori informazioni sull’Unione europea, possibilmente in maniera più interattiva; sfruttare di più i social media per condividere queste informazioni in maniera più diretta con le nuove generazioni; e, da ultimo, organizzare più incontri faccia a faccia tra i ragazzi ed i rappresentanti delle istituzioni dell’UE.