Bruxelles – I lobbisti e il ministro, nella residenza dell’ambasciatrice italiana in Belgio. Un incontro ad alto livello tra uno dei ministri più importanti e le aziende italiane che lavorano per tutelare i loro interessi all’interno dell’Unione europea. Un incontro intenso e discreto organizzato dal Gruppo di Iniziativa Italiana ed ospitato dall’ambasciatrice in Belgio Elena Basile, al quale sono stati ammessi un paio di giornalisti come “testimoni silenziosi”: si può ascoltare, ma non fare domande durante il dibattito e non riferire chi ha detto cosa, tranne, ovviamente, quel che dice il ministro.
La grande preoccupazione delle imprese è il prossimo quadro finanziario dell’Unione: quanti soldi ci saranno? dove andranno? quanto ci sarà per gli investimenti in difesa, tecnologia? e la Politica agricola comune, come si svilupperà? E anche più d’uno ha chiesto a Enzo Moavero Milanesi, ministro degli Esteri e grande conoscitore della macchina bruxellese: cosa stiamo facendo per garantire una presenza italiana nelle posizioni chiave delle istituzioni? Su questo punto il ministro, che della Commissione europea fu segretario generale aggiunto mostra di avere grande lucidità, è un lavoro che ha già fatto quando era responsabile delle Politiche europee con Monti e poi con Letta: dobbiamo, spiega, prima definire i posti che interessano l’Italia, poi trovare le persone adatte, “attenzione a non fare il contrario, come spesso è accaduto, perché allora il sistema non funziona, e non si ottiene e qual che serve”. Perché avere italiani in posizioni chiave non è solo utile per avere referenti italiani ma serve, ancor di più, per avere un “sapere” italiano lì dove le politiche si formano.
Le elezioni europee però aleggiano su tutta la discussione, i manager presenti ovviamente conoscono con precisione la situazione e gli sviluppi possibili, ma il ministro dà un tocco analitico in più: “I cittadini hanno capito capito che questa è una vera elezione europea nella quale si devono scegliere opzioni diverse sul futuro dell’Unione”. Moavero, che gira l’Europa in lungo e in largo, racconta di “una campagna elettorale frizzante, con un dibattito ruvido e duro, come lo è ora la politica internazionale”. Questa saranno “elezioni davvero politiche”, insiste e ammonisce che sì, le forse euroscettiche non avranno una maggioranza, “ma nel Parlamento europeo potrebbe questa volta esserci una vera opposizione, non solo una minoranza che dissente, e questo sarebbe un cambiamento notevole, importante”.
Moavero non scende poi nel dettaglio degli interventi che competono ad altri ministri nei diversi negoziati in corso, ma assicura che sulla PAC “il governo ha una linea rossa”, più di tanto, anche con un quadro finanziario ridotto a causa della prossima uscita della Gran Bretagna dall’Unione con la Brexit (“non l’idea più geniale del secolo”, commenta), non si può tagliare, e bisogna considerare le diverse realtà produttive.
Ciò a cui l’Unione deve aspirare, spiega Moavero, è “avere obiettivi concreti con misure concrete per realizzarli”, e lamenta il “poco attivismo sull’occupazione, le pensioni, la previdenza”, mentre ribadisce la necessità di nuove regole fiscali più coordinate, che facciano in modo che le grandi multinazionali non abbiano più motivo di “cercare il posto giusto dove pagare le tasse”, privando i cittadini di entrare fiscali che pur dovrebbero esserci a fronte di enormi guadagni.
Investimenti, i manager italiani cercano politiche che li favoriscano, e Moavero risponde con la sua proposta di “risorse proprie complementari” per l’Unione, che non siano maggiori contributi dagli Stati “che con la fiscalità prelevano ai cittadini e poi danno i soldi ad altri”. Dunque l’Unione deve lavorare a “una sorta di Bot europei per gli investimenti, alle imposte sulle grandi aziende e anche a una Tobin tax”.
Per Moavero è poi essenziale “dare l’iniziativa legislativa al parlamento europeo, che è anche un mezzo per avvicinare i cittadini alle istituzioni dell’UE, cittadini che non capiscono perché i loro deputati non abbiano questo potere”. Bisogna introdurlo gradualmente, avverte, “magari dando il potere di iniziativa ai gruppi parlamentari, o a un numero minimo ma consistente di parlamentari”.
Sulle migrazioni Moavero spiega che è necessaria una politica comune “è che abbiamo una base giuridica per farlo, l’articolo 79 del Trattato sul funzionamento dell’Ue, e chi lo nega sbaglia”, insieme a “investimenti nei Paesi di provenienza”, per fermare almeno alcune delle ragioni delle partenze. Poi guardando sempre all’estero, il ministro insiste sulla necessità di superare il voto all’unanimità, che blocca di fatto gran parte delle iniziative.