Bruxelles – Il processo di nomina dei nuovi presidente delle istituzioni comunitarie non sarà semplice né scontato. Richiederà tempo, e il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, decide di accelerare il ritmo iniziando sin da subito le consultazioni con i leader dell’Ue. Un vertice straordinario dei capi di Stato e di governo dell’UNione europea è stato già convocato per martedì 28 maggio, subito dopo le elezioni europee, per avviare i ragionamenti politici su alleanze, intese, e sopratutto nomine.
E’ questa la vera decisione politica del vertice informale di Sibiu, in Romania, dove presidenti e primi ministri si sono dati appuntamento per discutere dell’immediato futuro dell’Unione e gettare le basi per il programma di lavoro dei prossimi anni. Tusk annuncia il summit straordinario nel corso della conferenza stampa finale del vertice di Sibiu, a dimostrazione che i Ventisette (non era presente la premier britannica Theresa May) hanno discusso del tema, e convenuto di tenere il Consiglio europeo tra 20 giorni.
“E’ mia intenzione terminare il processo di nomine entro giugno”, dice Tusk. Il 21 e 22 giugno è in programma il vertice dei capi di Stato e di governo ordinario. E’ lì che si dovrà capire che siederà alle presidenze di Commissione, Consiglio e Parlamento Ue. A Sibiu il primo ministro portoghese, Antonio Costa, ha smentito di essere interessato alla poltrona più alta del Consiglio. “La cosa mi lusinga molto, ma non sono candidato a nulla oltre alla funzione che ho già in Portogallo”. Anche il primo ministro uscente belga, Charles Michel, nega di correre per le massime cariche comunitarie.
In questo momento prevale il tatticismo e le dichiarazioni politiche vanno prese con le cautele del caso. E’ dato per scontato da tutti ormai che le prossime elezioni produrranno una situazione di grande incertezza. Per avere una maggioranza serviranno larghe intese, con almeno tre gruppi. Popolari (PPE) e socialdemocratici (S&D) non avranno i numeri per controllare l’Aula, e gli aghi della bilancia diventeranno liberali (ALDE) o Verdi, o magari entrambi. Questo incide sul processo di nomina. Tusk ne è consapevole, e mette le mani avanti. “Il processo di nomina seguirà le regole prevista dai trattati” sul funzionamento dell’UE.
Vuol dire niente ‘Spitzenkandidat’, il sistema che vuole ogni gruppo indicare un presidente designato in caso di vittoria elettorale. Questo sistema nei trattati non c’è, è stato creato cinque anni fa per cercare di rendere meno indiretta l’elezione del presidente della Commissione europea. Ma il meccanismo frutto di intese politiche non regge più.
A Sibiu, oltre al padrone di casa, il presidente romeno Klaus Iohannis, solo il cancelliere austriaco Sebastian Kurz ha sostenuto la necessità di seguire il procedimento utilizzato nel 2014, e che ha portato alla nomina di Jean-Claude Juncker. “Difenderò questo modello”, promette Kurz. “Se il PPE il suo candidato Manfred Weber vinceranno le elezioni, allora Weber avrà diritto a diventare presidente della Commissione”.
Tutti i sondaggi prodotti finora hanno predetto una vittoria del PPE. I popolari saranno il primo partito anche questa volta. Ma nessuno, a parte Kurz, si sbilancia su Weber né sul fatto che possa essere un PPE il prossimo presidente della Commissione europea.
A vario titolo e con diverse formule, a Sibiu si sono espressi contro il sistema dello Spitzenkandidat i leader di Francia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Slovenia. Italia e Slovacchia condividono la stessa linea: attendere lo svolgimento delle elezioni e poi giocare la partita politica. Altri due segnali che lasciano intendere che i candidati designati potrebbero lasciare il tempo che trovano. “Tutto dipenderà dal risultato e dalla capacità o meno di trovare un compromesso per sostenere gli Spitzenkandidaten”, dice il primo ministro slovacco, Peter Pellegrini, in una sintesi perfetta dello stato delle cose. “Vedremo”. Il 28 maggio se ne saprà di più.