Bruxelles – Le ricette del governo non producono crescita, ma solo sconquasso nei conti pubblici. Il giudizio della Commissione europea è netto, e contenuto nelle previsioni economiche di primavera che per l’Italia sono impietose. Prodotto interno lordo (PIL) allo 0,1% quest’anno e solo allo 0,7% il prossimo, mentre il deficit è atteso oltre la soglia del 3% consentita dal patto di stabilità nel 2020 (al 3,5%) e il debito al 135%. Nessuno così male in Europa. L’Italia bocciata, ma la resa dei conti sarà il mese prossimo, dopo le elezioni, quando verranno pubblicate le raccomandazioni specifiche per Paese.
Per l’Italia però viene messo nero su bianco che “i rischi per le prospettive di crescita rimangono prevalentemente negativi”, e nella sua nota introduttiva alla relazione il capo della direzione generale per gli Affari economici della Commissione europea, Marco Buti, lascia intendere che nuove o aggiuntive manovre potranno rendersi necessarie. “La politica deve essere preparata per attuare ulteriore sostegno se si materializza il rischio di un rallentamento più o meno prolungato”, scrive.
I numeri dell’Italia, che è un problema
Crescita “sommessa” e “fiacca”. La definiscono così i tecnici dell’esecutivo comunitario nel documento diffuso oggi. Pil previsto a +0,1% per il 2019 (il più basso dell’Unione) e a +0,7% nel 2020. Facendo un paragone con le due precedenti stime, quelle di novembre e febbraio, si è passati da 1,2% e 1,3%, a 0,2% e 0,8%, per giungere ai valori di oggi.
Alla crescita sempre più soffocata si accompagna un deterioramento delle finanze pubbliche. Il deficit è previsto in crescita al 2,5% alla fine di quest’anno (contro il 2,1% del 2018), e addirittura al 3,5% nel 2020. Un parametro ben oltre il limite la soglia del 3% previsto dal patto di stabilità. L’Italia viola le regole, dunque. L’aumento dell’Iva si rende sempre più inevitabile per ridurre questi aumenti di spesa e riportare sotto controllo le finanze tricolori.
Il Paese non rispetta neppure le regole del debito, che impongono la riduzione in caso di valori eccedenti il 60% in rapporto al Pil. L’Italia registra il 132,2%, e arriverà al 133,7% nel 2019 e al 135,2% nel 2020.
L’Italia è un problema. Lo dice senza dirlo, Marco Buti. Ma il messaggio è chiaro. “Al fine di promuovere la fiducia è importante che i paesi con debito elevato pongano i loro rapporti debito/PIL su un chiaro percorso di riduzione nel medio termine”. Quello che non sembra avvenire in Italia. A cui si chiede “un chiaro orientamento delle politiche fiscali verso la riduzione dell’alto debito e l’orientamento delle misure strutturali verso una crescita sostenibile”.
Il dato politico
La Commissione nel documento fa riferimento a “incertezza politica e delle politiche in Italia” tra gli elementi di criticità del Paese. La bocciatura politica dell’Italia però si completa quando si legge che la spesa pubblica “aumenterà in modo significativo a seguito dell’introduzione del reddito di cittadinanza e di diverse disposizioni in materia di pensioni, tra cui un nuovo regime di prepensionamento”. La misura voluta dai 5 Stelle e la ‘quota 100’ voluta dalla Lega dunque non vanno nella direzione giusta.
Oltretutto il mercato del lavoro è considerato come “deteriorato” per colpa del reddito di cittadinanza, in quanto la misura “potrebbe indurre più persone a iscriversi ufficialmente come disoccupati e quindi essere conteggiate nella forza lavoro”. Risultato: la disoccupazione attesa per quest’anno è il 10,9%, e per il prossimo l’11%. Un dato in aumento rispetto alle previsioni d’autunno (10,4% e 10%), quando la Commissione scommetteva che la situazione sarebbe addirittura migliorata.
In linea generale la Commissione europea rileva che nell’UE come nell’Eurozona ci sono “importanti rischi al ribasso, molti dei quali sono legati a cattive politiche economiche”. E’ il caso dell’Italia.
“Dispiace che la Commissione faccia previsioni così poco in linea con la realtà”. Lo afferma la vice ministra dell’Economia e delle Finanze, Laura Castelli, secondo la quale “quelle di oggi sembrano non tenere conto dei buoni risultati del primo trimestre, quando il PIL è cresciuto dello 0,2%, e che sottostimino gli effetti delle nostre misure contenute in Legge di Bilancio, nel Decreto Sblocca-cantieri e nel Decreto Crescita. Per rispettare queste previsioni dovremmo rimanere fermi nei prossimi trimestri, e non è realistico”.
“Tra l’altro – aggiunge Castelli – , si parla anche di un deterioramento del mercato del lavoro che nei fatti non c’è. Anche in questo caso non si tiene conto dei risultati positivi che stiamo registrando grazie al Decreto Dignità. Solo pochi giorni fa l’ISTAT ha certificato che il tasso di disoccupazione a marzo è diminuito al 10,2%, il tasso di occupazione è risalito al 58,9% tornando ai livelli di aprile 2008. Rispetto a febbraio, ci sono 60 mila occupati in più e 114 mila occupati in più rispetto a marzo 2018”.
Secondo il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani invece “la fotografia del fallimento della politica economica del governo è nitida”.
“Sono molto preoccupato – aggiunge Tajani in un post su Linkedin -. Siamo sull’orlo della recessione. Continua ad aumentare il fardello del debito sulle spalle degli italiani e non si crea nuovo lavoro. Avanti di questo passo, e tra breve rischiamo una patrimoniale, con aumento delle tasse sulla prima casa, un taglio alle pensioni, l’aumento dell’IVA. Queste misure non farebbero che peggiorare ulteriormente la situazione degli italiani”.