Bruxelles – Quasi una “rivoluzione” è ciò che si è visto in Spagna dopo le elezioni per il Parlamento nazionale. La vittoria dei Socialisti e la caduta del Partito Popolare, insieme all’entrata del nuovo gruppo populista Vox, guidato da Santiago Abascal, ha cambiato totalmente gli equilibri createsi nelle ultime elezioni del 2016, mentre si è rotto il tradizionale sistema fondato sui due partiti dominanti.
Dopo il voto di sfiducia a Rajoy nel giugno dello scorso anno, la salita a presidente del governo di Pedro Sanchez e la chiamata da parte sua a nuove elezioni vista la bocciatura in parlamento della legge di bilancio proposta per il 2019, ecco che anche la Spagna si ritrova in un momento di profondo cambiamento. Come previsto il Partito Socialista Operaio Spagnolo (PSOE) ha vinto con un alto margine di distacco rispetto al Partito popolare (PP) con un programma europeista, aggiudicandosi il 28,7% dei voti (123 seggi). Il PP del presidente Pablo Casado cede a destra e ottiene il suo peggior risultato di sempre, fermandosi al 16,7% e dunque 66 seggi.
Dopo 11 anni relegati all’opposizione i socialisti di Sanchez tornano al potere come primo partito vincendo in tutte le comunità autonome, ad eccezione di Catalogna, Paesi Baschi, Navarra e Melilla.
Entra in parlamento Vox, che rappresenta l’estrema destra spagnola. Il partito uscì fuori dal quasi totale anonimato, nel quale era praticamente ignorato dall’opinione pubblica, con le elezioni per il parlamento regionale andaluso nel dicembre dell’anno scorso, prendendo quasi l’11% dei voti. Questo partito però, se da un lato rappresenta la novità più radicale nella camera spagnola, visto che non vi erano più stati rappresentanti ultranazionalisti almeno dal 1982, quando Blas Piñar (legato al defunto dittatore Francisco Franco) perse il suo posto nel Parlamento, dall’altro ha deluso le aspettative dei suoi militanti. Si pensava infatti che il partito di ultradestra potesse arrivare a prendere più dell’11% dei voti, finendo poi con un comunque notevole 10% (24 seggi), che lo pone come quinta forza politica nel Congresso dei Deputati.
La sua campagna elettorale si è basata molto su temi quali l’abolizione/sospensione delle autonomie concesse ad alcune regioni come quella andalusa e basca, l’introduzione del castellano (più generalmente conosciuto come “spagnolo”) quale sola lingua riconosciuta nell’esercizio della funzione pubblica, la soppressione dei corpi di polizia regionali e delle quote rosa, e la reintegrazione di Gibilterra sotto i territori spagnoli, considerata “una colonia britannica” da Vox.
Alle spalle dei Socialisti e del Partito Popolare abbiamo invece Ciudadanos e Unidas Podemos. Il primo si afferma terza forza politica con il 15,9 per cento dei voti e 57 seggi ottenuti, guadagnandone 25 in più rispetto alle elezioni del 2016, ponendosi oltretutto come possibile futuro punto di riferimento per l’elettorato di centrodestra in Spagna. Unidas Podemos (coalizione di Podemos e Izquierda Unida) invece cala al 14,3% (42 seggi), una brusca discesa rispetto ai 71 seggi presi nelle ultime parlamentarie, comunque più contenuta di quanto atteso.
Con tutte queste sorprese rimane ora l’incognita di trovare una coalizione che funzioni all’interno della Camera. Non essendo riuscito il PSOE ad ottenere i 176 seggi necessari per arrivare alla maggioranza assoluta, si parla già di una possibile coalizione con Unidas Podemos, il partito politicamente più vicino alle idee di Sanchez, ma non basterà e dunque necessiterà l’aiuto anche di altri piccoli partiti. In particolare i candidati più probabili sono il Partito Nazionalista Basco (PNV) che ha sei seggi, la Coalizione delle Canarie (CC-PNC) che ne ha due, il partito di Compromis (Blocco Nazionalista Valenziano) e il Partito Regionale della Cantabria (PRC), che ne hanno uno ciascuno. In questo caso, Sánchez avrebbe il sostegno di soli 175 deputati, mettendo a rischio la stabilità del Governo. Un’altra soluzione possibile, seppur meno probabile, sarebbe quella di un’alleanza verso destra con Ciudadanos, che porterebbe ad un totale di 179 seggi in parlamento. Tuttavia, quest’ultima opzione per ora non viene discussa, con Ciudadanos che durante la campagna elettorale ha fatto intendere di voler restare alla larga dai socialisti spagnoli.
A quanto pare i socialisti al momento lavorano anche all’ipotesi di continuare con un monocolore di minoranza, appoggiato da altre forze all’esterno.