Bruxelles – Mai più gruppi politici “arcobaleno”. Nell’ultima seduta della legislatura l’Europarlamento ha approvato una modifica del regolamento (già approvato in commissione Affari costituzionali) che precisa le norme per la formazione dei gruppi parlamentari, vietando di fatto la possibilità che i partiti dei paesi membri, senza un’appartenenza transnazionale, possano mettersi insieme in assenza di una minima affinità politica.
Una decisione che renderà ancora più difficile la possibilità per il Movimento 5 Stelle di trovare alleati in sintonia con i loro principi. Le difficoltà incontrate nella scorsa legislatura, prima con la mancata intesa con la famiglia liberale dell’ALDE e poi con la collaborazione forzata con l’UKIP di Farage, nel prossimo Europarlamento potrebbero costringere gli eletti penta stellati ad aderire al gruppo misto. Le norme per costituire un gruppo, un minimo di 25 membri provenienti da sette paesi, con il principio dell’affinità politica diventano così ancora più stringenti.
L’interpretazione del regolamento è stata approvata con una maggioranza di 415 voti, 226 contrari e 8 astenuti. Gli eurodeputati del M5S e Lega hanno votato contro compatti, come i loro rispettivi gruppi Efdd e Enf. Contrari anche i Verdi mentre la sinistra radicale (GUE) si è divisa. A dare il via libera al testo PPE, Socialisti e democratici e Liberali.
A nome dei 5 Stelle, dura la protesta del vicepresidente del Parlamento, Fabio Massimo Castaldo, secondo cui “una questione di tale delicatezza non può essere trattata di corsa, a fine legislatura, camuffando una nuova norma da interpretazione, che lascia aperti molti interrogativi giuridici e che costituisce un vulnus profondo al funzionamento democratico di questo Parlamento”. Per il presidente della commissione politiche UE della Camera, Sergio Battelli, “si tratta di un colpo di coda della vecchia guardia del Parlamento. Il cambiamento fa paura ma chi pensa di fermarlo con regole antidemocratiche non ha capito che a maggio dovrà confrontarsi con il popolo e la democrazia”.