Bruxelles – Le norme UE sulla vendita di armi non sono “troppo” severe, la Commissione europea non è andata oltre il suo mandato. Lo sostiene l’avvocato generale della Corte di Giustizia dell’UE in un parere a proposito di un ricorso avanzato dalla repubblica ceca.
In seguito agli attacchi terroristici che dal 2015 hanno messo a serio rischio la sicurezza dei cittadini europei, la Commissione europea decise di iniziare un percorso di riforma sulla direttiva riguardante le armi da fuoco, introducendo norme più restrittive sull’acquisizione e detenzione di queste e porre un divieto sulle armi semiautomatiche per uso civile. Una modifica poi adottata nel maggio del 2017 che ha visto la Repubblica Ceca contestare queste novità, accusando l’istituzione europea di aver agito in un ambito che non le apparteneva ed in una misura tale da non tenere conto della “proporzionalità” delle misure prese, essendo rientrata in materia di prevenzione dei crimini. Cosa, ha aggiunto l’accusa, non rientrante nemmeno tra le mansioni affidate all’Unione Europea dall’art.114 del TFUE, che consente all’Unione di adottare misure di armonizzazione relative all’instaurazione e al funzionamento del mercato interno.
Rispondendo alle accuse mosse da Praga, l’avvocato generale alla Corte di Giustizia europea, Eleanor Sharpston ha risposto spiegando come “il ricorso a tale articolo quale base giuridica non può essere inficiato esclusivamente in ragione del fatto che anche altri ambiti, come la sicurezza pubblica, sono interessati dalle misure adottate”. La modifica mirava dunque solamente a garantire dei livelli di sicurezza più alti nella circolazione di queste armi da fuoco all’interno del mercato unico, armonizzando la materia prima che i singoli Stati membri potessero adottare delle misure nazionali, con il pericolo di compromettere la libera circolazione delle armi da fuoco derivante dalla possibile frammentazione legislativa sul tema.
La considerazione finale dell’avvocato è dunque che la direttiva in questione è servita prevalentemente “a garantire la libera circolazione delle armi da fuoco” e che, sebbene abbia influenzato il settore della prevenzione dei crimini, “non ha armonizzato affatto quest’ultimo in senso sostanziale”, non contrastando così con il principio di proporzionalità, ed ha proposto alla Corte di Giustizia di respingere integralmente il ricorso della Repubblica ceca.
Spetta ora ai magistrati europei prendere una decisione finale sulla questione, senza alcun vincolo rispetto alle posizioni dell’avvocato generale, al quale però, spesso, la Corte acconsente.