Comunque si giudichi l’incontro di Milano voluto da Matteo Salvini, un flop, un mezzo flop o un buon inizio, non vi è dubbio che la costruzione in Europa di una grande unione di forze sovraniste e nazionaliste trovi non poche difficoltà. Paradossalmente è proprio il successo della loro impetuosa crescita in tutti i Paesi dell’Ue a rendere il processo di coalizione e amalgama particolarmente complesso. Se i sondaggi nazionali condotti dal Parlamento europeo verranno rispettati in sede di voto, la destra e i nazionalisti nell’Assemblea di Strasburgo sono destinati a salire dai 153 del 2014 a oltre 200 nel prossimo Parlamento. Quasi un terzo dei 705 membri della nuova Assemblea saranno dichiaratamente anti-Ue e nazionalisti.
Tutti questi partiti sono dati in crescita, dalla Lega di Salvini (da sei a 28) a Vox in Spagna, dall’ AfD in Germania (da uno a 10) al Rassemblement National della Le Pen in Francia (da 15 a 19), oppure più che mai stabili come il Partito della Libertà in Olanda o Fidesz di Orbàn in Ungheria o il PiS al potere in Polonia.
Ma, come dimostra la riunione di Milano, andata piuttosto deserta, mettersi d’accordo per dare vita ad una grande forza d’urto europea non sarà molto facile. Ogni partito ha una propria agenda nazionale che tende a prevalere su quella europea. Non saranno certo gli slogan generici sulla necessità di ‘Cambiare l’Europa’ o sulla direzione da prendere ‘Verso l’Europa del Buonsenso’ a mettere assieme i vari partiti euroscettici e nazionalisti.
In effetti lo stesso Salvini, che potrebbe portare nel Parlamento europeo il secondo partito in ordine di grandezza, subito a ridosso della potente Cdu/Csu di Angela Merkel, ha difficoltà nel trovare i partner giusti.
Salvini alla ricerca di partner
Al di là del buon rapporto con Marie Le Pen con cui condivide già oggi la partecipazione nel gruppo europeo ‘Europa delle Nazioni e Libertà’ (Enf), il suo desiderio di aggregare i maggiori rappresentanti della destra nazionalista trova ostacoli non indifferenti. Il premier ungherese Viktor Orbàn ha, come è noto, preferito essere sospeso e messo sotto controllo all’interno del Ppe dei moderati e cristiani europei, piuttosto che prendere il largo, magari assieme a Salvini, in un gruppo europeo che, per quanto in crescita, conta molto meno del Ppe.
Sul fronte del polacchi, similmente, il PiS di Jaroslaw Kaczynki preferisce rimanere nel Gruppo dei Conservatori e Riformisti europei (Ecr) e coltivare la prospettiva di prenderne il comando, una volta che i conservatori britannici dovessero andarsene, causa Brexit: meglio quindi non subire l’influenza di un Salvini con molti più voti del PiS (sondaggi: 28 a 18). Molto più facile, quindi, l’accordo di Kaczynki con Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia che, se supera la soglia del 4%, porterà una mini-pattuglia di rappresentanti senza fare ombra alle ambizioni dei polacchi.
Certo nel ‘basket’ di Salvini potrebbero rientrare altri partiti nazionalisti, dagli austriaci del Fpoe, oggi al governo, fino ai tedeschi di AfD, che forse usciranno dal gruppetto europeo di Europa della Libertà e Democrazia Diretta (Efdd), condiviso innaturalmente con i rappresentanti di M5S, per trovare una collocazione più adatta alle loro pulsioni estremiste di destra. Ma fino ad oggi una strategia del genere non è ancora emersa con chiarezza, anche perché al di là della condivisione anti-Ue vi sono ben pochi argomenti che accomunano questi partiti, fatta eccezione per la lotta all’immigrazione e allo straniero. In ogni caso spazi per coalizioni più ampie ancora esistono e bisognerà entrare nel pieno della campagna elettorale per vederle emergere.
La contaminazione delle Destre sulle grandi famiglie politiche pro-europee
Una volta emerse, tuttavia, le forze nazionaliste e anti-sistema saranno chiaramente individuabili e riconoscibili nel nuovo Parlamento europeo. Diverso sarà il caso di quei partiti estremisti di destra che si mimetizzano. In effetti ciò che più dovrebbe preoccupare il fronte europeista, che in ogni caso sarà ancora maggioranza nella prossima Assemblea (circa 440 seggi), è il rischio di contaminazione che, ad eccezione dei Verdi, le grandi famiglie politiche di popolari (Ppe), socialisti (S§D) e liberali (Alde) potrebbero subire dallo spostamento sempre più a destra di alcuni loro attuali membri.
Classico è l’esempio di un Orbàn ancora oggi all’interno del Ppe, la cui dichiarata volontà è quella di guidare i moderati cristiani verso posizioni di ‘democrazia illiberale’, in difesa proprio della cristianità minacciata, secondo la sua ‘dottrina’, da islamici e sionisti. Ma contaminazioni ‘illiberali’ si intravvedono anche all’interno della coalizione dei Socialisti e Democratici (S§D), i cui partiti fratelli in Romania, Malta e Slovacchia sono accusati di interferire con l’indipendenza della magistratura e con attacchi alla libera stampa.
Così pure nella variegata famiglia dei liberali europei (Alde) si annida qualche mela marcia rappresentata nella Repubblica Ceca dal partito di governo (Ano) del premier Andrej Babis, accusato di corruzione e di conflitto di interesse, come pure il partito liberale riformatore della Romania, membro del governo.
Il rischio di un compromesso con le Destre
Tutti questi partiti sono dati dai sondaggi in crescita e se ciò dovesse essere confermato dal voto di maggio vi è davvero il rischio che l’immagine e le ideologie su cui si basano le grandi famiglie europeiste del Parlamento europeo vengano fortemente indebolite da tendenze illiberali e nazionaliste al loro stesso interno. E’ proprio questo paventato pericolo a lasciarci perplessi riguardo alla decisione del Ppe di non espellere Orbàn.
Alcuni sostengono che il suo mantenimento nelle file del partito potrà obbligarlo a modificare le proprie tendenze antidemocratiche. Ma la storia ci insegna come quella dei compromessi con i nazionalisti sia una strada destinata a dimostrarsi quantomeno infruttuosa se non dannosa. Le destre europee non saranno la maggioranza nel futuro Parlamento europeo, ma la loro azione potrà indebolire, direttamente o per vie traverse, il tradizionale ruolo di difensore e promotore del processo di integrazione europea che l’Assemblea europea ha sempre svolto.
Leggi l’intervento sul sito dell’Istituto Affari Internazionali.