Di Flavia Cervelli
Il 23 e 24 marzo si è tenuto a Roma il Congresso europeo di Volt, il movimento paneuropeo che sta rivoluzionando la politica continentale. Per la prima volta nella storia, infatti, lo stesso partito si presenterà alle prossime elezioni europee di maggio candidando dei propri rappresentanti in diversi Paesi dell’Unione europea, con uno stesso programma e comuni obiettivi. Nato nel 2017 come reazione alla Brexit, Volt rappresenta un movimento che sta crescendo e che si propone più di ogni altro come rappresentante di quella generazione Erasmus di cui tutti parlano ma che pochi davvero ascoltano. Il Congresso ha, infatti, portato a Roma i volters dei vari gruppi nazionali del movimento, dimostrando nel concreto l’esistenza di un’identità europea. Un’identità multiculturale europea, che ben rappresenta quanto indicato dal motto dell’Unione “in varietate concordia”, unità nella diversità. Tra i partecipanti c’erano famiglie e adulti, ma impossibile non sottolineare la schiacciante maggioranza di giovani disposti a mettersi in gioco per difendere il proprio futuro. Nati e cresciuti all’interno della cornice dell’Unione, non ci stanno ora a vedersi privare di tale prospettiva. Non è stata casuale la scelta di tenere a Roma il Congresso, perché si tratta della stessa storica città in cui vennero firmati i Trattati del 1957, che hanno garantito all’Europa sessanta anni di pace. “Tutte le strade portano a Roma” ha ricordato Federica Vinci, Presidente di Volt Italia, all’apertura del Congresso nella giornata di Sabato. Quasi per un gioco del destino si deve di nuovo ad un italiano, un tedesco e una francese, fondatori del movimento, il rilancio della visione di un’Europa davvero unita. Si tratta di Andrea Venzon, Damian Boeselager e Colombe Cahen-Salvador. I passi che Volt vuole compiere e gli obiettivi da raggiungere sono stati messi nero su bianco nella Dichiarazione di Amsterdam che definisce il programma di Volt per il Parlamento europeo 2019-2024, disponibile anche in italiano al sito di Volt Italia. “Sono qui di fronte a voi, oggi, a prendermi la responsabilità di dirvi che voi rappresenterete coloro che avranno creato un’Europa unita”, ha detto il Presidente di Volt Europa, Andrea Venzon, durante il suo intervento, mentre Damian Boeselager, il fondatore tedesco del movimento ha, poi, confessato “non avevo intenzione di fare politica, lo sto facendo perché è necessario”.
Tutto ciò accadeva nello stesso giorno in cui a Londra un milione di persone marciava contro la Brexit per restare nell’Unione europea e la petizione online per chiedere un secondo referendum superava i 4 milioni di firme. Il tutto a meno di una settimana dalla data fissata per la cruciale separazione, il 29 marzo. Non sono mancati, ovviamente, riferimenti a questo, anche grazie al simpatico slogan “would you marry a Brit to save the EU?” promosso dalla delegazione di Volt UK. L’evento si è svolto interamente in lingua inglese, elemento che ne ha affermato ancora di più la particolarità. La lingua inglese si è posta come fondamentale mezzo di comunicazione tra i vari partecipanti, indispensabile perché tutti i presenti potessero comprendere. È quasi ironico che ad unire tutte queste persone sia stata proprio la lingua del Paese che, con la sua intenzione di voler lasciare l’Unione, ha creato grande confusione nel continente, stimolando però, dall’altro lato, anche una ripresa del sentimento europeista. “Non date l’Unione europea per scontata – ha detto Emma Bonino, invitata a prendere la parola – la Brexit è sempre lì a ricordarcelo”. Bonino ha poi ricordato anche che “non si può migliorare l’Europa senza salvarla”.
Ciò che differenzia Volt dagli altri partiti è proprio la sua natura paneuropea, transnazionale. I suoi rappresentanti condividono e portano avanti posizioni pro-Ue e lo fanno in un’ottica sopranazionale. “Ci auguriamo che in futuro ci siano più partiti paneuropei” ha detto Colombe Cahen-Salvador, sottolineando il desiderio che Volt rappresenti solamente il capofila di nuovi progetti futuri.
Le buone idee e i piani visionari non bastano però per portare avanti questo progetto. La burocrazia, specialmente quella italiana, si sta rivelando un evidente ostacolo per la presentazione delle liste. La normativa italiana richiede il raggiungimento di 150.000 firme su base nazionale e almeno 3.000 in ogni Regione. La raccolta delle firme continuerà in tutta Italia fino al 7 aprile, grazie all’impegno di più di mille volontari. “Molta gente che incontriamo per le strade non crede più nella politica e ha spesso un’idea negativa dell’Europa” ha detto Federico Di Benedetto, che si occupa delle relazioni con la stampa. Lo stesso Presidente Venzon ha anche sottolineato la difficoltà rappresentata dalla necessità della presenza di autenticatori che dichiarino valide le firme. Senza voler far troppi paragoni, questo grande ostacolo si presenta come una prerogativa tutta italiana, mentre in altri Paesi europei i candidati di Volt sono già pronti a correre per le elezioni. Non si tratta di vincere e di ottenere voti, si tratta della più semplice opportunità stessa di partecipare, alla base di un sistema democratico. La questione delle diverse soglie di sbarramento previste dalle varie leggi elettorali nazionali rappresenta, inoltre, un’altra assurdità del sistema. In Italia tale soglia è fissata al 4%, mentre alcuni Paesi, come la Germania, non ne prevedono alcuna.
Parlando di quanto fatto finora, Venzon ha dichiarato “siamo andati ben oltre le nostre aspettative. Si tratta di un successo che non potevamo prevedere”.
Comunque vada, qualcosa di nuovo e stimolante si è presentato sulla scena europea, ma il nostro Paese, troppo spesso devoto al conservatorismo e ad una scarsa lungimiranza, sembra non se ne sia neppure accorto.