Bruxelles – Ieri sera la premier Britannica Theresa May ha aperto al leader laburista Jeremy Corbyn (che vedrà oggi alle 13.30 ora di Bruxelles) per cercare una soluzione allo stallo sulla Brexit, e la sua mossa ha creato una vera tempesta politica nel Regno Unito.
Da un lato le opposizioni che la cercano, che vogliono un posto al tavolo, dall’altro gli esponenti più radicali della Brexit dura, che polemizzano con forza e lasciano il tavolo del governo. La prima ministra scozzese Nicola Sturgeon sta volando a Londra per un incontro con la premier, chiesto e subito concesso. Gli scozzesi votarono in maggioranza contro al Brexit, e lo Scottish National Party è pronto a un referendum per l’indipendenza da Londra in caso di separazione dura. Dunque la prospettiva di una nuova proposta che mantenga il regno nell’Unione doganale e con legami, ancora tutti da immaginare, anche con il Mercato Unico, è attrattiva per Sturgeon, che vuole mantenere con l’Europa continentale in primo luogo fruttuosi rapporti economici, ma non smania per avere relazioni più strette. Gli indipendentisti/europeisti scozzesi non hanno nessuna intenzione di entrare nell’euro, ad esempio.
A destra invece il rito delle dimissioni dal governo è già iniziato, con il sottosegretario per il Galles Nigel Adams che ha scritto alla May per annunciarle il suo abbandono: “finiremo nell’Unione doganale, e questo non è quello che era stato promesso ai miei elettori”, scrive nella sua lettera. Anche Adams, come altri hard Brexiters già ieri, attacca la premier perché ha scelto di aprire “a un marxista (Corbyn, ndr) che non ha mai difeso gli interessi britannici come prioritari”.
Tutto sta in cosa May e Corbyn riusciranno a concordare, e che maggioranza, eventualmente, questo accordo potrà garantire. Se sarà forte, se ci sarà una proposta credibile sulle future relazioni bilaterali, allora la premier potrebbe avere un’estensione di qualche settimana rispetto alla data di separazione ora fissata al 12 aprile: Bruxelles non ha interesse a favorire un’uscita disordinata, senza un accordo.
E’ necessario stabilire qualche certezza, anche temporale. Se da questi negoziati verrà una proposta percorribile allora il piano (di May, ma in teoria condiviso dall’UE) è di confermare l’uscita entro il 22 maggio, con l’Accordo di novembre arricchito dalle nuove proposte britanniche sulle quali lavorare sin dal 23 maggio, per renderle operative al più presto, non oltre la fine di dicembre 2020.
Nulla ancora è certo, né che i due leader raggiungano un accordo né che questo accordo passi in Parlamento. Ma le paludi sono state per ora aggirate e il cammino e ripreso. Dove arriverà lo sapremo molto presto.