Bruxelles – L’accesso al cibo resta ancora un problema. Forse qualcosa sta cambiando, a giudicare dai numeri, ma c’è ancora tanto da fare. Il rapporto globale sulle crisi alimentari 2019, presentato da Unione europea, Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura delle Nazioni Unite (FAO) e Programma alimentare mondiale (PAM), rileva che circa 113 milioni di persone in 53 paesi hanno sperimentato un’insicurezza alimentare acuta nel 2018. Una tendenza in calo rispetto al 2017, quando a trovarsi in stato di insicurezza alimentare erano state 124 milioni di persone.
Notizie incoraggianti, ma le sfide con cui fare i conti sono ancora molte, dice il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres. “I disastri provocati dal clima, le crisi economiche e, soprattutto, i conflitti armati hanno continuato a spingere i tassi di fame e l’insicurezza alimentare nel 2018”. Per rispondere a tutto questo “è necessaria un’azione risoluta”.
A guardare la carta delle crisi, nel 2018 i peggiori casi si sono registrati in Paesi africani e medio-orientali con situazioni di grave instabilità politica e di conflitto. Yemen, Repubblica Democratica del Congo, Afghanistan, Etiopia, Siria, Sud Sudan e Nigeria settentrionale: questi otto Paesi da soli rappresentano i due terzi del numero totale di persone che soffrivano di insicurezza alimentare acuta, pari a circa 72 milioni di persone.
Ma non c’è solo la guerra. Perché sui circa 113 milioni di esseri umani alle prese con la fame, quasi un quarto (29 milioni) è stato posto in situazione di sicurezza alimentare acuta a causa del clima estremo e delle calamità naturali.
Intervenire ha un costo. Le crescenti esigenze di aiuti umanitari si sono tradotte già in assistenza umanitaria internazionale per 27,3 miliardi di dollari nel 2017. Un impegno in aumento rispetto ai livelli del 2013 (18,4 miliardi).
“Negli ultimi tre anni, l’UE ha stanziato il più grande bilancio umanitario per l’assistenza alimentare e nutrizionale, con quasi 2 miliardi di euro complessivi”, ricorda Christos Stylianides, commissario per gli aiuti umanitari e la gestione delle crisi. L’UE da sola però non potrà fare fronte al problema. Perché, spiega, “le crisi alimentari continuano a essere una sfida globale, che richiede i nostri sforzi congiunti”. Da qui la richiesta alla comunità internazionale a fare di più.
Emancipazione delle donne, miglioramento delle infrastrutture rurali e rafforzamento delle reti di sicurezza sociale “sono essenziali per un mondo stabile e senza fame”, rileva lo studio. “Il rapporto globale di oggi – continua Stylianides – evidenzia la necessità di una cooperazione rafforzata tra attori umanitari, dello sviluppo e della pace per invertire e prevenire la crisi alimentare”.